Buon 2012?

Avete presente una diga decrepita, che lascia zampillare l’acqua da cento fessure? Una diga sottoposta all’enorme pressione dell’acqua che essa stessa ha lasciato accumulare. Esattamente questa è l’immagine che richiama l’attuale situazione di crisi, fondamentalmente del debito che si è lasciato accumulare in maniera abnorme in tutto il mondo. Quando non è lo stato ad essere indebitato fino al collo, lo sono le banche, oppure le famiglie e le imprese, o anche tutti questi soggetti insieme. Gli stati che ricoprono gli scoperti delle banche, che hanno crediti con imprese e famiglie, questi che non riescono più ad andare avanti e tutto sembra un grande domino con le tessere pronte a cadere in successione a causa del crollo della prima.

La diga decrepita del sistema capitalista fa acqua da tutte le parti e il suo collasso è annunciato da mille scricchiolii. Creare ancora denaro significa far lievitare ulteriormente il debito, rinunciare in parte o totalmente ai crediti divenuti inesigibili, comporta il fallimento di banche e istituzioni finanziarie, che a loro volta controllano colossi industriali, che danno lavoro a persone ed altre imprese. Insomma, l’economia non riparte e la situazione peggiora di giorno in giorno: siamo in un cul de sac.

Per ciò che riguarda l’Italia, il nuovo governo Monti ha sì recuperato quella credibilità nazionale che Berlusconi aveva dilapidato in scandali e barzellette, ma non ha potuto invertire una tendenza globale in atto, la stessa che ha condannato la Grecia a tagliare drasticamente e in più riprese la spesa pubblica, ampliando la recessione già in atto. Le trattative sul suo salvataggio procedono faticosamente, senza pervenire a risultati concreti, nonostante il cambio di governo imposto al paese. Il suo default è dato sempre per imminente. Intanto cresce la quota di sconto sul suo debito necessaria per la salvezza, si era partiti dal 25% per arrivare ora al 65%, di cui si dovranno far carico anche le banche, già intossicate dai derivati sui mutui subprime, mai completamente eliminati. Ecco allora che le banche sono le prime a liberarsi dei titoli pubblici più rischiosi, in più riducono il credito a famiglie ed imprese, cercando di superare la tempesta con tutti i boccaporti chiusi. Siamo ormai prossimi al credit crunch totale, potrebbe bastare anche solo il fallimento dell’Ungheria, dove Unicredit e banca Intesa sono molto esposte. E infatti Unicredit barcolla, in pochissimi giorni ha perso il 40% di valore in borsa. Se il suo prossimo aumento di capitale dovesse fallire, ne vedremo delle belle.

L’Italia rischia di seguire la scia della Grecia, con l’interesse sui titoli che viaggia ormai stabile al di sopra del 7%, in più ci viene chiesto (imposto?) di rientrare al di sotto del 60% del rapporto debito/Pil entro i prossimi 20 anni. Siccome il nostro debito pubblico è attualmente oltre il 120% del Pil, significa una riduzione del 3% ogni anno per i prossimi 20 anni, che in euro sarebbero una cinquantina di miliardi l’anno. Per di più, in una fase fortemente recessiva. Se si cercava il modo di suscitare quella rivoluzione popolare mai avvenuta in Italia, questo è sicuramente quello giusto.

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore