Buttatevi a destra!

totoecarolinaChe il popolo italiano propenda da sempre politicamente più a destra che a sinistra, è fatto acclarato. Ma che ogni politico, anche di sinistra, che riesca a guadagnare un certo consenso, si “butti a destra”, come la famosa battuta di Totò nel film “Totò e Carolina”, è più difficile da digerire.

Eppure è proprio ciò che puntualmente avviene, di volta in volta, sposando le teorie neoliberiste, agevolando l’attacco ai salari ed allo stato sociale, favorendo grossi interessi economici, ma anche reprimendo il dissenso interno con metodi più o meno autoritari. Insomma, la sindrome del capo che immancabilmente colpisce chi si sente investito di un consenso popolare, sempre pro tempore, ma immancabilmente interpretato in chiave autocratica.

Sto pensando a Grillo e Casaleggio che, riusciti nel miracolo di creare dal nulla un movimento politico che ha raccolto in pochissimo tempo un quarto dell’elettorato, hanno finito col “buttarsi a destra”, forse per espandere ulteriormente quel consenso in un paese fondamentalmente destrorso. E’ di destra la campagna impostata sull’immigrazione clandestina ed il rischio di importazione di malattie; è di destra il raggruppamento al quale hanno aderito all’interno dell’Europarlamento; ed è di destra il metodo di comando e selezione della classe dirigente del partito, nell’assenza di procedure e regole condivise e trasparenti. Ora neppure la forma viene salvata nei provvedimenti di espulsione delle voci fuori dal coro, l’autorità di comando è implacabile quanto opaca e distante dalla base militante, se non tramite il canale del blog. Certo, è stato introdotto lo strumento della consultazione in rete tra gli iscritti, ma il controllo e la certificazione non è ancora in mano ad un ente terzo e gli attivisti che se ne lamentano vengono, per tutta risposta, espulsi su due piedi senza neppure bisogno di addurre alcuna violazione formale delle regole, e senza alcuna possibilità d’appello. E’ il volere del capo, se non vi sta bene, siete liberi di andarvene.

Il punto è che la diversità di vedute tra gli aderenti è funzione delle dimensioni del partito. Un gruppuscolo di fanatici è decisamente più monolitico di un grande partito di massa, a meno che non si voglia tornare al “Credere, Obbedire e Combattere”.

Beppe Grillo ha il grande merito di aver diffuso tematiche e soluzioni alternative all’attuale sistema che, anche se non sono tutta farina del suo sacco, rappresentano comunque una critica allo status quo ed una prospettiva ragionevole per un futuro sostenibile, che hanno suscitato speranze e aspettative. Il problema però è nel passaggio dalla teoria alla prassi, in primo luogo in quella di comando del Movimento, e poi forse anche del paese.

Il passaggio non è banale, e tanti leader vi si sono impantanati o, peggio, hanno ritenuto di poter “camminare sulle acque” grazie al loro infallibile fiuto politico dimostrato dal consenso popolare. Peccato che il consenso non è eterno e che i metodi autoritari generino automaticamente il dissenso.

E’ quello che sta sperimentando Matteo Renzi, che guarda caso, non infierisce con Grillo sulla vicenda delle espulsioni dal M5S. Anche il nostro Presidente del Consiglio pro tempore è alle prese con il dissenso interno alla sua manovra di svolta a destra. La verità è che a predicare equità e giustizia sociale son capaci tutti quando devono arrivare al potere, poi quando ci sono arrivati fanno i conti con quelli che il potere ce l’hanno sempre avuto e immancabilmente finiscono col “buttarsi a destra”, se al potere vogliono restare.

La morale è che ci meritiamo ciò che abbiamo. Se non fossimo il popolo che siamo, Berlusconi, Renzi e Grillo starebbero pacificamente facendo il loro mestiere, rispettivamente di imprenditore televisivo, amministratore locale e bravo comico. Mentre al governo siederebbero veri statisti. Purtroppo siamo italiani, ci piace dare spettacolo, e il resto del mondo ci prende poco sul serio.

 

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore