Divide et impera

Courtesy of Emile Durkheim
Courtesy of Emile Durkheim

La Grande Crisi cominciata nel 2007-8 può essere letta anche come un momento di rottura dello scenario globale che precedentemente si andava configurando, con i paesi BRICS avviati a superare le vecchie economie occidentali nel giro di pochi anni. La Cina che s’apprestava a diventare la prima economia mondiale, sorpassando gli USA, che progettava una missione sulla Luna e migliorava il suo arsenale strategico; l’India che rappresenta il più vasto serbatoio di giovani del pianeta, forte del suo sviluppo economico e del suo arsenale atomico, che riscopriva l’orgoglio nazionalistico di contare sempre di più nello scacchiere mondiale. La Russia, beneficiata degli alti introiti per l’esportazione dei suoi idrocarburi, rinnovava il malandato esercito mentre s’accingeva a riprendersi il proprio ruolo strategico nel mondo, mettendosi innanzi tutto di traverso agli USA sulla questione siriana, che essi avrebbero voluto trattare alla stregua di quella serba, per poi proseguire con la recente questione ucraina. Il Brasile, anch’esso dotato di arsenale atomico, che s’andava sempre più configurando come la locomotiva di un sud america desideroso di sviluppo economico e libertà dalle secolari ingerenze nordamericane.

Questo formidabile blocco di paesi stava anche per dotarsi di propri strumenti internazionali di regolazione che avrebbero scavalcato FMI e Banca Mondiale, saldamente in mano ai paesi occidentali. Stava per sostituire il dollaro quale moneta di conto per i loro scambi interni. In una parola, erano sul punto di esautorare la supremazia del dollaro USA, imposta al mondo al termine della seconda guerra mondiale.

Tutto ciò ha subito un rallentamento, se non proprio una battuta d’arresto, con la Grande Crisi. All’indomani del crollo della Lehman Brother’s, per un tempo infinitesimo, il mondo della finanza fu additato a colpevole, e per un brevissimo lasso si parlò pure di regole e sanzioni. Poi gli stati si fecero carico delle perdite e i bilanci pubblici dovettero essere ridotti, mentre il mondo della finanza ricominciava allegramente a macinare guadagni come e più di prima.

La Grande Crisi Economica iniziata nel 2007-8, ha permesso di regolare diversi conti in sospeso. In ciascun paese interessato i ricchi (o i padroni che dir si voglia) si sono ripresi quel potere che nella seconda metà del secolo scorso avevano dovuto, in piccola misura, cedere. Grazie alla crisi i lavoratori si sono fatti più malleabili, i sindacati più ragionevoli, i cittadini più insicuri e divisi.

Nei paesi del blocco occidentale, i grandi capitali hanno fatto squadra, per condizionare politica e informazione, calpestando secoli di conquiste democratiche e facendo strame della volontà popolare. Per perpetuare un sistema che è sempre stato iniquo e insostenibile, ma che ora scricchiola paurosamente, le forze che lo governano devono disporre del completo controllo sulla popolazione, tramite governi e istituzioni internazionali (escluso ovviamente l’ONU, di cui non si parla più) da esse controllati.

Devono essere libere di perseguire qualunque iniziativa che consenta un lucro, un profitto, incluse droga e prostituzione (per il momento solo computate a bilancio), di concentrarsi sempre di più, fagocitando tutte le imprese più piccole, di sfruttare il lavoro umano a proprio tornaconto in qualunque parte del mondo.

Devono inoltre contrastare i progetti dei paesi BRICS, bloccandone lo sviluppo e separandone gli interessi. Opportunità improvvisamente concretizzatasi con il prezzo del petrolio, crollato del 50% in pochi mesi, grazie soprattutto alla decisione dei produttori OPEC del Golfo Persico di non ridurne la produzione. Considerato che quelle monarchie esistono solo grazie all’appoggio USA, è poco probabile che una tale decisione possa essere stata presa in contrasto con il potente alleato. Ed infatti, è stata la mossa che ha messo in crisi la Russia, che ne sta facendo più di altri le spese.

La Russia si sta trovando al centro di un accerchiamento progressivo, realizzato su più livelli, che vanno da quello economico, con le sanzioni imposte dal blocco occidentale, a quello finanziario, con la minaccia di escluderla dal sistema SWIFT, a quello militare, che vede gli avamposti NATO e USA estendersi dalle repubbliche baltiche all’Ucraina.

Il crollo del prezzo del petrolio, inoltre, accentua provvidenzialmente la divergenza di interessi tra un grande produttore, quale la Russia, ed un grande importatore, come la Cina, contribuendo ulteriormente all’isolamento della Russia. L’obiettivo a questo punto è chiaro, si punta ad una destabilizzazione della Russia e ad un suo passo falso militare, che dia l’occasione di scatenare un intervento mirato, con il fine di disarmala atomicamente. Allora ci spiegheranno che i suoi arsenali nucleari non possono rischiare di essere preda di gruppi terroristici.

A quel punto l’orso russo non sarà più un problema e ci si potrà concentrare al contenimento della Cina.

Divide et impera. Come nord Africa e Medio Oriente insegnano.

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore