Il dilemma

L’impero USA sta morendo perché il capitalismo, motore economico del suo potere, è in crisi irreversibile. Già Lenin aveva identificato nell’imperialismo la fase suprema del capitalismo, che interagendo con la tendenza alla centralizzazione del capitale finanziario, realizzata attraverso “l’espropriazione del capitalista ad opera del capitalista, della trasformazione di molti capitali minori in pochi capitali più grossi”, ha infine prodotto una forma neoplastica nell’economia della società, che per accrescersi incessantemente ha bisogno di sottrarre risorse ad ogni altra componente socio-economica, pena il suo degrado e scomparsa. Detto in parole semplici: il denaro deve generare altro denaro, anche oltre l’appropriazione di plusvalore prodotto dal lavoro. Salta subito agli occhi il paradosso di tale esigenza, che tuttavia è divenuta vitale per l’esistenza stessa del capitalismo, a tal punto che per assecondarla le banche centrali hanno creato montagne di denaro dal nulla, il cui sottostante è anch’esso nulla, a partire dalla crisi del 2007-8. Tale denaro viene utilizzato dal élite plutocratica per appropriarsi di qualsiasi bene possibile, con la conseguenza di impoverire la classe subordinata, che si vede progressivamente sottrarre beni reali e servizi faticosamente conquistati con il proprio lavoro. Per consentire questa forma progressiva di esproprio collettivo, si rende necessaria altresì la riduzione numerica della classe subordinata dei paesi capitalisti, dal momento che non è più possibile garantire quel benessere promesso dal sistema, né lavoro equamente retribuito per tutti. Si deve dunque ricorrere alla forza lavoro di immigrazione, con minori pretese e più facilmente sfruttabile per quel lavoro residuo costituito essenzialmente da servizi di cure personali verso una popolazione sempre più vecchia e dal bracciantato agricolo. Riduzione della natalità e sfoltimento della popolazione sono divenuti essenziali per il mantenimento del potere delle élite capitaliste. Pandemie autoprodotte, malasanità e vaccini insicuri giovano a tale scopo. Anche la guerra può servire, a condizione che rimanga limitata nella sua estensione e nell’impiego di armi convenzionali. Tali strategie consentono anche di dare una boccata d’ossigeno alla produzione industriale dei paesi occidentali, nei settori degli armamenti e farmaceutico, essendo ormai la maggior parte della produzione industriale delocalizzata nei paesi a basso costo di mano d’opera e scarse tutele sindacali ed ambientali.

Ma alla fine questa metastasi della storia è destinata a morire, perché dopo aver depredato i popoli dei paesi capitalisti deve necessariamente rivolgersi al resto del mondo, che reagirà con violenza (sta già avvenendo) ponendo le élite capitaliste di fronte al dilemma se sopravvivere in un mondo apocalittico post guerra nucleare (loro possono salvarsi grazie ai rifugi di cui dispongono) o restituire ricchezza e potere al popolo e vivere da facoltosi benestanti in un mondo integro, multipolare e multiculturale.

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore