La pagliuzza nel Movimento

GrilloLa recente vicenda del comune di Quarto, che da giorni domina la cronaca di giornali e TV, configurandosi più che altro come una campagna denigratoria contro il Movimento 5 Stelle, messo in croce per la classica pagliuzza nell’occhio da quelli con la trave nel proprio, mi offre lo spunto per alcune riflessioni che già da tempo andavo facendo tra me.

Premesso che non voglio trattare del caso specifico, sul quale si continua strumentalmente a fare troppo rumore per nulla nel contesto di una campagna politica che va facendosi più nervosa con l’approssimarsi del voto amministrativo nei maggiori centri del Paese, la questione che m’interessa focalizzare è quella cruciale dell’affidabilità dei rappresentanti del M5S, ovvero la loro capacità e credibilità nel rappresentarlo pubblicamente, con onestà, moralità e coerenza, oltre che con buone doti di comunicazione. Va da sé che l’onestà impone anche il disinteresse personale, come la moralità richiede spirito di abnegazione al servizio della collettività, il cui bene dovrebbe essere il supremo fine di ogni aderente al M5S.

Un movimento politico che nasce da una rottura netta con l’esistente sistema, deve necessariamente essere nuovo, formato, cioè, nella sua classe dirigente e nei quadri intermedi, da persone non colluse con il vecchio potere e non appartenenti ai partiti, altrimenti sarà solo un ennesimo caso di trasformismo, di cui è costellata la storia politica italiana. Tuttavia, una classe dirigente non spunta fuori per incanto. E’ il frutto di un confronto ed una selezione, operata dalla base e dagli organismi centrali che il movimento si è dato, da cui possano emergere gli individui migliori, ovvero quelli maggiormente idonei a rappresentarlo.

Il M5S s’è aggregato inizialmente intorno alla guida carismatica del suo fondatore Beppe Grillo, che insieme a Gianroberto Casaleggio, l’ha strutturato territorialmente per mezzo dei Meetup, ovvero gruppi di aderenti in rete, che definiscono gli obiettivi sul territorio e scelgono autonomamente i propri rappresentanti. L’intervento nel processo di selezione da parte della dirigenza nazionale, è stato limitato da Grillo alla verifica di alcuni requisiti obbligatori, quali la fedina penale pulita, la non militanza in altri partiti e l’appartenenza al territorio, oltre al vincolo dei due mandati.

Ciononostante, i ricorrenti casi di espulsione certificano il parziale fallimento dei meccanismi adottati per la selezione dei candidati. Quando si arriva all’espulsione di un rappresentante eletto, il danno prodotto è duplice. Da un lato si ammette esplicitamente un errore di valutazione sulla persona, dall’altro si offre il destro alle critiche di intolleranza al dissenso interno, con corollario di accuse di autoritarismo. Quando poi un rappresentante del M5S risulta addirittura infiltrato dai poteri criminali e dal malaffare, il danno è enormemente amplificato. Per quella stessa regola che rende più grave un pelo in un ristorante sulla Guida Michelin che un topo in una bettola.

La questione è di quelle cruciali, evidenziata in questi giorni anche da due autorevoli commentatori, come Roberto Saviano:

I 5Stelle si illudono se pensano di aver chiuso il caso con l’espulsione del sindaco Capuozzo. I sondaggi dicono che stanno già pagando un prezzo. Ma il punto non è questo: il punto è che nella realtà italiana non c’è fortezza politica che sia inespugnabile per il contro-Stato mafioso. Soprattutto, quando un movimento cresce impetuosamente in pochi anni, deve preoccuparsi di selezionare e formare una generazione politica che sia all’altezza della sfida nel territorio e dei suoi pericoli. Può essere consolatorio dire “Noi non sapevamo”. Ma è proprio quello il problema: non sapere.

e ancora, Marco Travaglio che si spinge a suggerire una sorta di direttorio regionale per il vaglio delle candidature:

non solo i 5Stelle, ma tutti i partiti che davvero schifano i voti mafiosi devono studiare meccanismi più efficaci per selezionare i candidati e tener fuori non solo i collusi, ma anche gli avvicinabili e i ricattabili, con filtri molto più stretti. I meet up e il web non bastano.

Un tempo i partiti avevano strutture sul territorio capaci di sapere tutto di tutti. Oggi non più, e per giunta i 5Stelle non vogliono diventare partito. Ma possono replicare su scala regionale l’esperimento del direttorio, dando a persone fidate l’ultima parola sulle candidature

Personalmente ritengo che, dichiarandosi il M5S una forza rivoluzionaria, nel senso che persegue un radicale cambiamento, ispirato da motivazioni ideologiche, nella forma di governo di un paese con trasformazioni profonde di tutta la struttura sociale, economica e politica, con mezzi non violenti, esso dovrebbe adottare alcuni dei meccanismi usati nel passato da altre formazioni rivoluzionarie, per la selezione delle classi dirigenti e dei propri rappresentanti.

Magari, perché no, rispolverando l’uso della commissione politica, inviata dalla dirigenza centrale ad accertarsi in loco delle condizioni per l’utilizzo del simbolo e della qualità dei rappresentanti scelti, nonché dirimere quei contrasti troppo esacerbati, che divengono autolesionistici una volta preda dei media.

In ogni caso qualcosa di più efficiente andrà presto pensato, perché – come dice Travaglio – i Meetup e il web non bastano (più – aggiungo io).

[This post has already been read 1960 times]

Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore