La mossa della BCE

scacchiIl fatto che la BCE si sia decisa ad intervenire con un ventaglio di provvedimenti che nelle sue intenzioni dovrebbero avere l’effetto di stimolare l’economia e contrastare il credit crunch nell’eurozona, di per sé significa che le cose non stanno andando per niente bene. Mario Draghi avrebbe fatto benissimo a meno di mettere in campo queste misure non convenzionali per la BCE, se solo la crisi economica avesse appena accennato un’inversione, ma purtroppo i prezzi continuano a scendere, così come l’occupazione in larga parte d’Europa. Ob torto collo, anche per evitare l’accusa d’immobilismo, la Banca Centrale è dovuta intervenire, ma quanto efficace potrà rivelarsi il suo intervento, nessuno è ancora in grado di dirlo, perché è notorio che si può portare il cavallo alla fonte, ma non si può obbligarlo a bere. Allo stesso modo si possono riempire i forzieri delle banche con moneta fresca, ma non si può obbligare la gente a chiedere prestiti, né le banche a concederli, se lo ritengono troppo rischioso.

L’unico strumento sicuro per rimettere in circolo il denaro è invece il lavoro: far lavorare e retribuire adeguatamente tutti quelli che vorrebbero farlo, ma attualmente non trovano un’occupazione. Per fare ciò, in passato lo Stato s’è fatto promotore di opere ed iniziative che avevano come scopo principale l’occupazione diretta ed indiretta. Uno Stato sovrano può e deve creare la moneta equivalente al lavoro svolto per la collettività, in ciò risiede una tra le principali ragioni d’essere del moderno stato nazionale. Purtroppo l’Europa non è (ed ancora per lungo tempo non sarà) uno Stato nazionale, piuttosto è un’unione di stati, ciascuno con le proprie peculiarità ed esigenze, a volte in contrasto con quelle altrui.

Le regole che quest’unione di stati s’è data, somigliano a quelle di un condominio, dove a pesare sono i millesimi di proprietà e non le persone, o peggio, a quelle di un’assemblea dei soci di una public company, dove contano i cartelli di minoranze qualificate, che permettono il controllo dell’azienda anche senza bisogno di avere la maggioranza degli azionisti. Sono comunque regole modellate dal capitalismo europeo, che ne è ispiratore e beneficiario al tempo stesso, incurante degli esiti per i popoli.

Tuttavia non si può fare a meno di notare che anche negli USA, lo strumento del lavoro creato dal governo non è stato neanche lontanamente utilizzato come lo fu all’indomani della Grande Depressione, con il New Deal di Roosevelt, preferendo invece inondare i mercati di liquidità creata dal nulla, avvantaggiando essenzialmente ricchi e istituzioni finanziarie. Pur essendo innegabile che la crisi è stata meno pesante che da noi, grazie agli interventi della Fed, una vera ripresa economica non è in atto neppure negli USA, ed il recente tonfo del PIL è lì ad evidenziarlo.

Il motivo per cui il capitalismo occidentale preferisce convivere con alti tassi di disoccupazione e calo dei prezzi, può essere spiegato con la preferenza diffusa, ancorché non del tutto esplicita, a vivere sulle rendite del passato, sugli allori dei grandi boom industriali e speculativi, cha hanno permesso l’accumulo di enormi ricchezze, le quali rischiano molto di più da un’impennata d’inflazione che non con i bassi rendimenti produttivi (il cosiddetto saggio d’interesse del capitale), che possono essere sempre compensati con speculazioni finanziarie o con tagli ai salari. La piena occupazione porterebbe invece a rivendicazioni salariali e quindi all’aumento del costo del lavoro, che si tradurrebbe in un’ulteriore caduta dei profitti, a meno di non compensarla con un aumento dei prezzi, avviando quella spirale inflattiva che metterebbe a repentaglio i grandi capitali accumulati. In altri termini, si preferisce la stagnazione al rischio di redistribuzione delle ricchezze accumulate per mezzo dell’inflazione, approfittando nel contempo del maggior controllo sociale prodotto dell’elevata disoccupazione per continuare ad imporre le politiche di austerità.

E’ accaduto anche in altre epoche, il meccanismo non è nuovo. Ad un certo punto i debiti diventano insostenibili, pochi creditori concentrano nelle proprie mani le ricchezze di sempre più debitori in rovina, che vanno ad ingrossare la schiera dei poveri nullatenenti, tenuti a bada dal braccio armato del potere, fino a che un bel giorno ….

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore