Non sparate ai sindacati

spararesullacrocerossaPrendersela con i sindacati ora è come sparare alla croce rossa. In arretramento sul neoliberismo da decenni, il sindacato è stato ridimensionato in tutta Europa, e la crisi gli ha dato la mazzata finale. Quando il lavoro sparisce resta poco da rivendicare, se non asserragliarsi nella ridotta del pubblico impiego e cercare di vender cara la pelle, cioè difendere quelle tutele che ora vengono spacciate per privilegi alla moltitudine di lavoratori precari.

Il sindacato ha le sue colpe storiche, ma non gli si può far carico della tutela dei disoccupati tout-court. In fondo è un’associazione di produttori, come Confindustria, il cui scopo è quello di dare voce agli interessi della categoria. Forse la responsabilità maggiore che porta il sindacato è stata la difesa incondizionata del posto di lavoro, anche quando le imprese erano decotte e la loro sopravvivenza veniva garantita solo da sussidi pubblici. Il lavoro prima di tutto, senza curarsi troppo se si trattava di lavoro vero e produttivo oppure finto e improduttivo. Sono stati bruciati fior di quattrini in imprese fuori mercato, solo per garantire un salario ai lavoratori, che se avessero percepito per intero i fondi erogati non avrebbero più avuto bisogno di lavorare, o magari sarebbero divenuti piccoli imprenditori a loro volta.

Ma era un sistema comodo per molti, il sindacato tutelava il posto di lavoro, i lavoratori continuavano a percepire un salario e gli imprenditori ad ingrassare con i sussidi pubblici senza lo sforzo di intraprendere, infine i politici che deliberavano, ne raccoglievano i frutti elettorali.

Per taluni versi è stata una forma di keynesismo all’italiana, peccato che con le medesime risorse si sarebbero potute finanziare imprese vere e produttive, anziché i soliti amici.

Ora, però, non conviene certo ai lavoratori tutti che i sindacati siano ulteriormente umiliati e le tutele ancor più ridotte. Non conviene perché in ultima istanza ciò si tradurrebbe in una contrazione del salario reale dei lavoratori che, sotto il ricatto del licenziamento senza possibilità di reintegro, sono costretti – a parità di retribuzione – ad aumentare la produttività e ridurre i diritti pretesi, come la malattia, la maternità, gli straordinari pagati, ecc. Inoltre una sconfitta dei sindacati spianerebbe la strada all’attacco del pubblico impiego, come già avvenuto in Grecia.

Se si vuole tutelare veramente i cosiddetti lavoratori di serie B, ossia i tantissimi precari, si cancellino tutte le tipologie di contratti precari, lasciandone solo alcune effettivamente utili, operando sul carico fiscale per rendere il contratto a tempo indeterminato più conveniente per i datori.

In ogni caso, il lavoro non si crea per legge e le aziende assumono solo se vendono, ma se dopo tre anni di recessione siamo ormai in deflazione conclamata, anche la migliore riforma del mercato del lavoro, da sola, produrrà ben pochi posti di lavoro in più.

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore