Quousque tandem abutere, Mario, patientia nostra?

La situazione peggiora. Peggiorano tutti i nostri indicatori, dal numero di poveri – che ha superato gli 8 milioni – al tasso di disoccupazione giovanile; dalle ore di cassaintegrazione, alla riduzione dei consumi e della produzione; dall’aumento del debito pubblico e del suo spread, alla riduzione delle compravendite immobiliari. Peggioriamo nel solco tracciato dalla Grecia e dalla Spagna, che ci precedono. Anche noi dobbiamo tagliare pubblici dipendenti, a breve ci toccherà di tagliare anche le tredicesime, dopo aver aumentato l’IVA. E’ solo colpa della crisi economica? O non si sta instaurando anche un meccanismo debitore-strozzino che rende impossibile sottrarsi all’usura?

In questo desolante panorama risalta l’assenza di un reale dibattito sulle soluzioni alternative, eminentemente politiche, da mettere in campo. In Italia, ma non solo, vige una cappa pressoché totale di pensiero unico europeista, forte della stragrande maggioranza delle forze politiche e dei mezzi d’informazione. Una sorta di fede religiosa nell’euro e nell’Europa, cieca alle conseguenze e che non tollera eresie. I sacerdoti di questa fede costituiscono la casta politico-economica che ci governa, indipendentemente dalla volontà popolare, che sempre più spesso viene disattesa e ignorata.

Questo fronte eterogeneo, che va dai post democristiani ai post comunisti, dai post fascisti ai post socialisti, diventa compattissimo quando deve difendere il proprio potere e i suoi privilegi che durano da decenni. Ha trovato nella sponda europea il pretesto per giustificare la sua permanenza al potere, anche a costo di far regredire e impoverire il Paese nel suo complesso.

L’attuale governo Monti, impostoci senza troppi complimenti, è il garante della sopravvivenza della classe politica che lo sorregge, e al contempo l’esecutore scrupoloso delle direttive economiche europee. L’azione di governo si è finora contraddistinta per i sacrifici richiesti alla popolazione (tasse ed età pensionabile) per pagare interessi crescenti sul debito, salvaguardia delle banche (indipendentemente dai loro investimenti scellerati), conservazione dei privilegi di casta (come le pensioni d’oro, i compensi milionari, il numero di parlamentari e amministratori locali, le grandi opere inutili e le folli spese militari).

Il malato curato con tale medicina non solo non guarisce, ma peggiora a vista d’occhio, mentre il medico ci spiega che occorre più medicina. Più medicina è il Fiscal Compact, un trattato che si sta votando in questi giorni in Parlamento, in assoluta estraneità con quel popolo che sarà tenuto a rispettarlo nei prossimi decenni. Un Fiscal Compact che ci impone il pareggio del bilancio pubblico come un sacramento, che ci obbligherà a rientrare al di sotto del 60% nel rapporto debito/PIL entro i prossimi 20 anni, e siccome il nostro rapporto debito/PIL attuale è al 123%, dovremo pagare una rata annuale del 3% del PIL (corrente) per i prossimi 20 anni, ovvero quasi 50 miliardi di euro l’anno. Impossibile, perché questo salasso, unito con gli alti interessi sul debito, ci manterrà in recessione perpetua, e diminuendo il PIL, quella rata non potrà che aumentare.

Poi dovremo ratificare il MES, il meccanismo europeo di stabilità, che dovrebbe prestare i soldi agli stati in difficoltà, previo esserseli fatti dare in anticipo da tutti gli stati. Il MES interverrà a patto di imporre le sue politiche economiche al paese richiedente. Gli stati non potranno esimersi dal versare la loro quota di capitale in brevissimo tempo e le decisioni del MES, oltre che segrete, saranno insindacabili giuridicamente. Siamo alla dittatura dei cravattari!

Per contrastare queste scelte, alle quali il popolo non partecipa, non è informato o addirittura è disinformato, occorre che si crei nel Paese un blocco d’opposizione trasversale, che gli intellettuali di punta nella critica a quest’Europa della Moneta, possano far sentire la loro voce.

E’ necessario rimettere in discussione la perdita di sovranità nazionale e valutaria, alla luce delle gravissime conseguenze di questi ultimi anni. E’ opportuno superare gli schemi ideologici della vecchia politica, che pure portano a criticare l’euro quale “strumento fascista della lotta di classe” da sinistra, e come fine della “sovranità nazionale” e imposizione esterna, dalla destra. Piuttosto si deve ragionare realisticamente con il proprio portafoglio alla mano, indipendentemente dai pregiudizi politici, per riconoscere obiettivamente che quest’euro e quest’Europa ci stanno rendendo più poveri, più precari, più insicuri. Valutare gli argomenti di economisti  seri, allorché analizzano le criticità della moneta unica, prevedendone l’ineluttabile fine.

Una nazione può nascere solo dalla volontà popolare, o da una guerra di conquista, ma in tal caso i conquistati non saranno mai liberi. Oggi si sta costruendo la nazione europea con una guerra economica che vede vincitori e vinti, quest’ultimi diverranno servi se non si opporranno qui e adesso a tale progetto.

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore