Un PD da Guinness dei primati

Guglielmo EpifaniDifficilmente si sarebbe potuto far di peggio, anche impegnandosi a fondo, la sequenza di errori commessi nell’ultimo anno e mezzo dal PD può entrare di diritto nel Guinness dei primati dell’autolesionismo politico della sinistra.

Avrebbero stravinto le elezioni quando Berlusconi diede le dimissioni il 12 novembre del 2011, ma hanno preferito chinare la testa davanti al diktat della BCE e della UE, ben supportati da Napolitano, che ha nominato il governo tecnico di Monti, voluto dall’Europa, e costretto PD e PDL a votare compatti tutte le leggi di macelleria sociale e aumento delle tasse, che il governo ha imposto a colpi di fiducia.

Hanno approvato senza discutere il Fiscal Compact e modificato la Costituzione per inserirvi il pareggio di bilancio, tenendo praticamente all’oscuro l’opinione pubblica di ciò che tali impegni avrebbero comportato.

Hanno dato modo a Berlusconi di leccarsi le ferite nell’ombra per oltre un anno, mentre preparava il suo ritorno scaricando sul PD il peso delle leggi impopolari varate dal governo più inviso agli italiani degli untimi decenni, tanto che alle elezioni politiche, l’otto percento ottenuto da Scelta Civica di Monti è perfettamente ininfluente per qualunque maggioranza.

Berlusconi è stato al solito abile nel far dimenticare le responsabilità del suo governo e mantenere compatto un centrodestra che sembrava allo sbando, riuscendo persino a recuperare l‘ex-alleato leghista. C’è però da dire che con gli antagonisti che la sorte gli ha assegnato, la sua abilità è decisamente sovrastimata.

Dunque il PD, a suo dire, s’è sacrificato sull’altare della stabilità economica, disperdendo l’enorme vantaggio che aveva alla caduta di Berlusconi. In più ha impostato la campagna elettorale sulla prospettiva di alleanza con quello stesso Monti che gli italiani andavano vedendo sempre più come fumo negli occhi, guardandosi bene dal criticare le politiche d’austerità imposte dalla Germania e dai tecnocrati della UE. Mentre lo stesso Monti veniva criticato anche a livello internazionale per il suo eccesso di rigore che ha affossato definitivamente l’economia italiana, e disattendeva finanche l’impegno preso con Napolitano, che l’aveva nominato, di restare super partes.

Bersani e il suo gruppo dirigente hanno dato per scontata la vittoria, con l’appoggio essenziale di Monti e già si preparavano a dividersi gli incarichi, dimostrando il crescente distacco dalla società reale, che nel frattempo andava sempre più in sofferenza, diventando insofferente verso la casta tutta.

E’ così arrivata la doccia fredda dei risultati elettorali, che certificavano il M5S come primo partito italiano e PD e PDL praticamente appaiati, ma con 10 milioni di voti in meno rispetto alle precedenti elezioni. Un parlamento diviso esattamente in tre spicchi, con un PD che aveva assicurato ai propri elettori che non avrebbe mai governato con Berlusconi, il M5S che aveva giurato che non si sarebbe mai accordato né con il PDL né con il PD meno L, e Berlusconi che aveva garantito ai suoi (e a se stesso) che non si sarebbe fatto estromettere facilmente dal potere, promettendo di restituire l’IMU (approvata anche da lui) ai contribuenti.

Il PD ha reagito al colpo come il pugile che va avanti d’inerzia e barcolla solo dopo qualche istante. Ha tentato ugualmente di imporre un suo governo, rivolgendosi al M5S per chiederne i voti, senza convinzione, ma soprattutto nessun accenno di rinnovamento di metodi e uomini. Un appoggio ad un governo di minoranza che il M5S non poteva far altro che negare, coerentemente con quanto affermato in campagna elettorale. Ma già era in movimento un’area composita del PD che prefigurava l’unico scenario possibile, ovvero un governo con il PDL.

Napolitano ha preso tempo, facendo un po’ di melina con la nomina della commissione di saggi, sperando che l’imminente elezione del presidente della Repubblica potesse chiarire le scelte del partito. Invece le contraddizioni sono esplose in modo ancora più palese, insieme alla guerra per bande. I candidati Marini e Prodi, proposti dalla direzione PD, sono stati silurati nel segreto dell’urna dai franchi tiratori. La candidatura di Rodotà non è stata neppure presa in considerazione, malgrado il gradimento della base. Alla fine, per uscire dall’empasse in cui ci si era cacciati, si è costretto Napolitano a rimangiarsi la sua decisione di non volersi ricandidare per un nuovo settennato, per ragioni d’età e di prassi costituzionale.

Napolitano ha potuto così essere rieletto con il voto congiunto PD-PDL a condizione di dar luogo ad un governo organico di coalizione, al di fuori dell’orizzonte della stragrande maggioranza degli elettori del PD, ma anche del PDL.

Dal governo di svolta e cambiamento ipotizzato da Bersani, si è così passati nel volgere di pochi giorni, al governo di larghe intese con il PDL di Berlusconi, che ha soltanto dovuto attendere sulla riva del fiume il passaggio del cadavere del suo nemico suicidatosi.

Ora il PD è ostaggio di un Berlusconi che fa collezione di condanne penali. Sarà lui a decidere di far cadere il governo per andare a nuove elezioni quando più gli converrà, logorandolo nel frattempo. L’operazione è perfettamente riuscita con Monti e promette di riuscire altrettanto bene con Letta.

La previsione di Grillo s’è alla fine avverata. Il grande inciucio è stato varato con la benedizione della casta tutta, anche se qualcuno ha fatto finta di storcere il naso. Ed già partita, con le presidenze delle commissioni, la spartizione bipartisan delle poltrone di potere tra i vecchi arnesi della politica.

Di nodi al pettine questo governo se ne ritrova molti e tutti sono riconducibili alla necessità di reperire risorse economiche che i vincoli europei, accettati supinamente da quegli stessi partiti, ci negano. In questa pessima situazione, sia dal profilo economico che da quello democratico, l’unica nota positiva è che la gente sta cominciando ad aprire gli occhi, sentendosi sempre più tradita e presa in giro, oltre che più povera.

[This post has already been read 1352 times]

Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore