Chi votare alle europee?

dubbioLa mia età – ahimè – fa sì che abbia esperienza e memoria di tutte le precedenti elezioni per il Parlamento europeo, posso pertanto affermare che mai come questa volta i temi europei hanno guadagnato una posizione di rilievo nel dibattito politico. In precedenza, le questioni nazionali occupavano tutto l’orizzonte, trasformando le elezioni europee in una rivincita tra i partiti politici nazionali, una sorta di sondaggio reale, che però non produceva effetti pratici nell’assetto politico italiano. Come quando nel 1984 il PCI superò per la prima volta la DC, senza che ciò scalfisse minimamente il potere democristiano all’interno degli apparati dello Stato. Quello che invece – forse casualmente – avvenne fu la recrudescenza del terrorismo, il passaggio dalla strategia della tensione agli anni di piombo, contestualmente al tentativo avviato da Aldo Moro di coinvolgere il PCI nel governo del Paese. Tentativo, come noto, tragicamente abortito con l’assassinio del suo ispiratore da parte delle Brigate Rosse.

Anche questa volta gli elettori possono votare pensando di incidere sugli equilibri di forza nazionali, oppure considerando strategie e effetti nel contesto europeo. Il voto può rappresentare un segnale che il popolo lancia ai propri governanti affinché adeguino le loro politiche al volere popolare, anche se il più delle volte ciò s’è rivelato una pia illusione. Purtroppo è molto difficile che le stesse persone che hanno perseguito determinate politiche, per interesse personale o per sincera convinzione, si dimostrino ricettive nei confronti delle indicazioni popolari se non sono obbligate a farlo. Il più delle volte si è interpretato ed annacquato il volere popolare, perseverando nella direzione ritenuta migliore. La storia italiana è piena di tradimenti del voto popolare, come di episodi di trasformismo politico.

Premesso ciò, voglio tentare di analizzare l’effettiva efficacia del voto, in funzione delle proprie convenienze, considerando sia il caso di chi intende il prossimo voto come strumento di influenza nella politica nazionale, sia quello di chi pensa di incidere principalmente sul contesto europeo.

1. L’orizzonte nazionale
Coloro che si prefiggono col proprio voto di incidere sugli equilibri politici nazionali, si possono grosso modo raggruppare in tre categorie: quelli che auspicano un risultato che premi e rafforzi il governo di Matteo Renzi; coloro che vorrebbero indirizzare le politiche di Renzi in una diversa direzione – sociale, liberale, espansiva, etc; quelli che vorrebbero un ricambio completo della classe politica e conseguentemente delle politiche attuate, in pratica l’opposizione del M5S. Chiariamo subito che nessun risultato può legalmente influire sui rapporti di forza in essere nel Parlamento italiano. Nessun governo è caduto a seguito di un’elezione europea ed il massimo che ci si può attendere è un rimpasto di ministri, giusto per dare l’impressione che la politica ha recepito il risultato, salvo continuare nella stessa direzione. Tuttavia, se il risultato dell’opposizione fosse davvero eclatante, le forze di governo potrebbero essere spinte a prendere delle contromisure che potrebbero rivelarsi dannose per l’opposizione nell’ipotesi di replicare il risultato alle prossime elezioni politiche, il cui svolgimento verrebbe ancor più allontanato nel tempo, fino alla fine naturale della legislatura. Certo, la soddisfazione di battere la maggioranza nelle urne sarebbe grande, ma gli effetti pratici inversamente proporzionali.

2. L’orizzonte europeo
Le elezioni europee servono ad eleggere il Parlamento europeo, che tuttavia dispone di pochi poteri (anche se accresciuti col Trattato di Lisbona) nei confronti delle altre istituzioni che costituiscono la governance europea. Tre sono le principali tendenze espresse dai partiti che partecipano alla competizione: a) la conservazione dello status quo e prosecuzione nel cammino tracciato dai trattati europei verso un maggiore conferimento di sovranità degli Stati ed un controllo delle scelte economiche da parte della élite tecnocratica; b) la determinazione a cambiare lo status quo in direzione di una maggiore partecipazione dei cittadini nelle scelte, una migliore integrazione economico-finanziaria, ed in definitiva un reale controllo della politica sull’élite tecnocratica e sugli interessi economici; c) l’interruzione del cammino di integrazione e il ritorno della sovranità agli Stati nazionali, a partire da quella monetaria.
Anche se a parole tutti i gruppi politici vogliono cambiare la direzione intrapresa dall’Unione, in realtà le forze antagoniste che si riconoscono nei Popolari e nei Socialisti europei sono quelle che, alternandosi alla guida, tale cammino hanno avallato, o comunque non contrastato a sufficienza. Pensare ora che tali forze possano farsi promotrici di un reale cambiamento, sembra poco plausibile. Tanto più che il timore di un’affermazione delle forze cosiddette euro-scettiche, le spinge ad una alleanza difensiva che molto probabilmente costituirà la maggioranza nel prossimo Parlamento.

3. Interesse personale
Se siete ricchi, ricchissimi o anche solo benestanti, vivete di rendita e le vostre ricchezze sono diversificate in beni immobili ed investimenti finanziari. Se possedete un’impresa medio grande che ha saputo sfruttare la globalizzazione (oltre che le regole europee), non avrete dubbi, voterete per il mantenimento dello status quo che per voi rappresenta il migliore dei mondi possibile. Votando lo status quo darete anche un sostegno al governo Renzi sul piano nazionale e contrasterete l’ascesa di pericolosi populismi che mettono a repentaglio la costruzione europea da cui tanto benessere ve ne discende.

Se siete lavoratori dipendenti a reddito fisso o pensionati, sarete stretti tra il vantaggio di percepire un reddito sicuro, il cui valore reale è accresciuto dalla deflazione, e il rischio di veder ridotto il proprio reddito o addirittura perdere il lavoro ed entrare nella precarietà, a causa della crisi economica, come purtroppo accade quotidianamente. Sarete oggetto di campagne che fanno leva sulle vostre paure e dovrete decidere cosa vi conviene di più, o cosa vi spaventa di meno. Forse sarete tentati di dare una valenza maggiormente nazionale al vostro voto. Ma è facile prevedere che alla fine prevarrà l’istinto di conservazione (del proprio reddito, specie se medio alto).

Se siete piccoli o piccolissimi imprenditori, precari o disoccupati, la conservazione del sistema attuale rappresenta la vostra estinzione fisica. Non avete alternative, dovete votare per un cambiamento rapido delle politiche europee, anche con il ripristino della sovranità nazionale, che consenta ad un altro governo di incidere risolutamente sulla crisi economica. Sperare che l’Europa possa mutare velocemente la propria impostazione, potrebbe rivelarsi illusorio e fatale.

4. I partiti
E’ palese che per il PD le prossime elezioni diverranno un referendum pro o contro Renzi, sia perché è suo interesse acquisire maggiore legittimità con una netta vittoria elettorale, sia perche la fronda nel suo partito lo sta aspettando al varco per regolare i conti. La destra, divisa tra NCD e FI, è alle prese con una emorragia storica di consenso, di cui essa stessa ne è cagione, tra leader condannati, ricercati e sotto processo, una gestione disinvolta della cosa pubblica e facili costumi, non meno del 50% della responsabilità nella decadenza italica va a loro ascritta. La sinistra disciolta dai tempi di Prodi tenta un’aggregazione sotto le insegne del “Papa straniero”, Tsipras. A parole sono quelli che vorrebbero cambiare l’Europa, pur proseguendo nel cammino d’integrazione, tuttavia omettono di applicare davvero la critica marxista al modello europeo, come invece fa il comunista portoghese J. Ferreira:

I tentativi di sottomissione delle nazioni in corso nell’UE rappresentano una forma di oppressione di classe che viene esercitata sui lavoratori e i popoli, oltre che un inquietante e pericoloso attacco alla democrazia. Chi, pur dicendosi di sinistra, non lo percepisce, o non lo vuole percepire, non comprenderà un elemento decisivo per intervenire sulla realtà del nostro tempo, trasformandola nel senso del progresso sociale. Se l’evoluzione del capitalismo ha portato le classi dominanti a sacrificare gli interessi nazionali ai propri interessi di classe, allora, al contrario, ciò conduce all’identificazione crescente degli interessi dei lavoratori e del popolo con gli interessi nazionali

Il Movimento 5 Stelle, pur se catalogato tra gli euro-scettici, ha presentato una piattaforma fumosa e confusa di 7 punti per l’Europa, continuando a mantenere una posizione ambigua sulla moneta unica, nel tentativo di pescare indifferentemente nei due schieramenti pro e contro l’euro. In fondo Grillo propone solo di far esprimere gli italiani sulla questione, senza dare un’indicazione preventiva. Parallelamente il M5S avvalora lo scenario di confronto nazionale tra Renzi-PD e Grillo-M5S, sperando in un secondo posto che scompagini i giochi della riforma elettorale concordata tra Renzi e Berlusconi.

Gli unici due partiti che hanno identificato l’unione monetaria quale causa delle difficoltà economiche dei paesi periferici e posto chiaramente nella loro piattaforma elettorale il ritorno alla sovranità monetaria sono la Lega Nord e Fratelli d’Italia. Ad oggi i sondaggi danno solo la Lega oltre la soglia di sbarramento del 4%. La loro posizione è molto vicina a quella del FN di Marine Le Pen, stimato come primo partito in Francia. E’ molto probabile che gli effettivi cambiamenti della governance europea siano funzione del consenso di queste forze, soprattutto quando e se Marine Le Pen dovesse arrivare alla presidenza francese.

 

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore