Ciò che ci sta accadendo, ad essere onesti, ce lo siamo meritato

Dice: gli italiani hanno dato una grande prova di responsabilità e comunità, quindi adesso possiamo continuare a conculcare tutti i diritti in nome della salute. D’altro canto per noi italiani quando c’è la salute, c’è tutto. Confesso di essere rimasto un po’ risentito dal discorso del premier Conte sull’avvio della cosiddetta fase 2, come la maggioranza degli italiani ne ho abbastanza di rimanere chiuso in casa ed uscire solo per la spesa, soprattutto in questo sbocciare tiepido della primavera che invita a passeggiare all’aria aperta.

Ne ho abbastanza di dover giustificare le ragioni delle mie uscite con autodichiarazioni che attestano implicitamente quanto sia stata compressa la nostra libertà con un semplice DPCM. Si, lo so che è stato fatto per tutelare il diritto alla salute, però non posso fare a meno di pensare che per quella vituperata libertà, molti hanno sacrificato volontariamente la propria vita. E allora mi chiedo: cos’è più importante tra la vita e la libertà? Forse la libertà di scegliere di vivere o di sacrificarsi in talune situazioni, come i medici in corsia.

Credo che i nostri diritti, sanciti nella Costituzione che tanto è costata, siano tutti ugualmente importanti e comprimerne alcuni in nome della preminenza di altri è un’operazione che rischia di essere autoritaria. Ed infatti non tutti i governi l’hanno intrapresa, anche esponendosi a critiche.

Sono stanco di questa situazione, triste per le migliaia di vittime morte in solitudine a cui non è stato possibile tributare neppure un degno funerale. Sono un po’ deluso, ma capisco le ragioni di chi ha il peso delle scelte collettive, il cui ruolo non invidio affatto.

Se c’è un aspetto positivo in questa pandemia è che pare non colpire i più giovani, bambini e ragazzi. Con rarissime eccezioni, la sintomatologia peggiore viene riscontrata nei soggetti anziani e fragili. Se fosse stato il contrario, sarebbe stata una tragedia immane. Un po’ è consolatorio sapere che chi se n’è andato a causa del virus, la propria vita l’aveva, bene o male, vissuta, anche se per i suoi congiunti il dolore per la perdita è grande lo stesso. Ma arriva per tutti il momento di lasciare questa vita ed obbiettivamente è meglio che avvenga dopo averla vissuta in pieno, che prima. Dice: parli bene tu, ma se si fosse trattato di tuo padre o di tua madre? Bè, mio padre è morto sette anni fa, dopo cinque giorni di parcheggio al pronto soccorso, pieno come un uovo, in attesa che si liberasse un letto al reparto. Mia madre l’ha seguito dopo due anni, giusto appunto in una RSA, dopo una settimana d’agonia senza riuscire a respirare. E due anni fa se n’è andata anche la mia amata moglie con un tumore che l’ha consumata in pochi mesi, trasferita negli ultimi cinque giorni di vita dall’ospedale ad un hospice, per non incidere sulla statistica. La conosco bene io, nostra sorella Morte…

E’ che l’Italia è diventata un paese di vecchi (e mi ci metto anch’io), il secondo dopo il Giappone, e quando si arriva ad una certa età si diventa fragili, le patologie s’accumulano. Il welfare e la scienza medica ci hanno allungato la vita, ma spesso è una vita che non vale più la pena di essere vissuta. Una sorta di accanimento terapeutico che ci tiene in vita anche se non siamo più autosufficienti, vittime della demenza senile o peggio dell’Alzehimer, ricoverati in case di riposo (eufemismo coniato al posto degli ospizi) o RSA, per l’egoismo dei nostri figli che ci vorrebbero vivi in eterno, ma non in casa loro. Nella civiltà contadina degli scorsi secoli, la vecchiaia era molto più breve, ma almeno quel poco tempo veniva trascorso in famiglia.

In questi giorni mi è tornato in mente il monologo dell’agente Smith nel film Matrix, quello in cui afferma che gli esseri umani non sono veri mammiferi, perché non sviluppano un equilibrio con l’ambiente circostante, invece si insediano in una zona e si moltiplicano finché ogni risorsa naturale non si esaurisce, e l’unico modo in cui l’uomo riesce a sopravvivere è quello di spostarsi in un’altra zona ricca. Concludendo: “C’è un altro organismo su questo pianeta che adotta lo stesso comportamento, e sai qual è? Il virus. Gli esseri umani sono un’infezione estesa, un cancro per questo pianeta: siete una piaga”.

Secondo me il paragone più azzeccato è con il tumore, perché il virus è un organismo estraneo ed elementare, mentre il tumore è una mutazione di alcune cellule dell’organismo stesso, che fino ad un attimo prima hanno funzionato in modo equilibrato e intelligente, ma che dopo la mutazione si moltiplicano a dismisura, consumando risorse in eccesso, producendo scorie velenose, invadendo e distruggendo gli altri organi, fino a provocare la morte dell’organismo.

L’umanità ha vissuto in equilibrio con l’ambiente circostante per lungo tempo, fino a pochissimi secoli fa. Fino a quando Scienza e Tecnologia hanno prevalso sullo Spirito, da allora in poi è stata tutta una corsa ad inventare e costruire, a consumare, riprodursi e depredare la natura, sottraendole sempre più spazio ed inquinandola con le nostre scorie infinite in nome del Progresso, divenuto ancora più frenetico nell’ultimo secolo.

Potevamo illuderci di non pagare il conto un giorno o l’altro? Temo che questa pandemia sia solo uno schiaffetto, ben altro attende l’umanità se non saprà trarne lezione.

Morale della favola: sentiamoci pure scontenti di ciò che natura e governi c’infliggono, ma con la consapevolezza che in larga parte ce lo siamo meritato, e tenendo sempre a mente due vecchi adagi: 1) chi semina vento raccoglie tempesta; 2) ciascun popolo ha il governo che si merita.

 

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore