Dal petrolio alle borse, verso la guerra

panichina

Come supera le crisi la borghesia? Da una parte con l’annientamento coatto di una massa di forze produttive; dall’altra conquistando nuovi mercati e sfruttando più a fondo quelli vecchi. In che modo, insomma? Provocando crisi più generalizzate e più violente e riducendo i mezzi necessari a prevenirle.

K. Marx – Il Manifesto del Partito Comunista

Secondo la teoria del picco di Hubbert, l’estrazione di qualsiasi risorsa mineraria ha un andamento rappresentato da una curva a campana, ovvero parte da piccole quantità arrivando, in un tempo più o meno lungo, ad un picco di massima produzione, per poi declinare a causa dell’esaurimento della risorsa o dell’alto costo di estrazione. Anche il petrolio è una risorsa mineraria e la sua estrazione ha raggiunto il suo picco già da alcuni anni, cioè viene estratto al massimo delle capacità. Questo significa che dal punto di vista pratico non vi è mai stata una tale abbondanza di petrolio sul mercato e, per la legge della domanda e offerta, il suo prezzo è destinato a scendere se la domanda di petrolio non cresce allo stesso modo. E’ esattamente ciò che sta accadendo da un anno a questa parte, in cui il prezzo del petrolio ha subito un sensibile calo, fino ai giorni nostri che registrano con la crisi dei mercati asiatici, il rischio di un drastico ridimensionamento della domanda di petrolio, soprattutto da parte delle economie emergenti.

La caduta del prezzo del petrolio rappresenta un ulteriore fattore di depressione dell’economia globale, poiché riducendo i proventi dei paesi esportatori, li costringe ad un ridimensionamento degli investimenti con conseguente contrazione della domanda totale di beni; inoltre può portare al fallimento le tante imprese che avevano investito ingenti capitali (il più delle volte a debito) nell’estrazione di petrolio con nuove tecniche o in giacimenti il cui sfruttamento è particolarmente costoso, contando sulla permanenza degli alti livelli di prezzi raggiunti in precedenza ed una domanda in crescita progressiva.

Erano mesi che gli analisti e gli economisti più avveduti paventavano il rischio di un’esplosione della bolla speculativa cinese e puntualmente questa sta ora concretizzandosi, tirandosi appresso la già precaria economia mondiale che ancora non si era completamente ripresa dalla crisi del 2007-8. D’altra parte era da attendersi un’altra crisi economica, visto che dagli anni Cinquanta del secolo scorso si susseguono con un intervallo medio di circa 7 anni. E che l’impetuosa crescita cinese non potesse continuare all’infinito era nell’ordine naturale delle cose. Così, ai primi segnali di rallentamento dell’economia cinese, preceduti da forti dubbi sul settore immobiliare, che già da diverso tempo stava accumulando un forte invenduto, la bolla è scoppiata nel luogo storicamente preposto allo scopo: la borsa.

E adesso cosa accade? Probabilmente i governi faranno ciò che hanno sempre fatto per salvare il capitale ad ogni crisi, ovvero iniettare denaro pubblico a profusione, cercando di sostenere i corsi azionari ed evitare i fallimenti a catena. Tutti i governi, a cominciare proprio da quello cinese. Nel frattempo gli investitori verranno presi dal panico e correranno a vendere i propri assets prima che si deprezzino troppo, mentre le borse bruceranno centinaia di miliardi. Molti paesi, tra cui il nostro, ritorneranno in recessione e sempre più persone si andranno convincendo che, come tre quarti di secolo fa, una vera ripresa economica possa avvenire solo dopo un conflitto distruttivo, ma questa volta con armi infinitamente più potenti.

L’umanità farebbe bene ad escogitare in fretta un sistema alternativo al capitalismo se vuole avere qualche speranza di sopravvivenza. Ed il capitalismo di stato è sempre capitalismo, anche se il governo si proclama comunista.

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore