Dettagli nella guerra del petrolio

war-for-oilNel post precedente scrivevo che:

Nei paesi del blocco occidentale, i grandi capitali hanno fatto squadra, per condizionare politica e informazione, calpestando secoli di conquiste democratiche e facendo strame della volontà popolare. Per perpetuare un sistema che è sempre stato iniquo e insostenibile, ma che ora scricchiola paurosamente, le forze che lo governano devono disporre del completo controllo sulla popolazione, tramite governi e istituzioni internazionali (escluso l’ONU) da esse controllati.

Devono essere libere di perseguire qualunque iniziativa che consenta un lucro, un profitto, incluse droga e prostituzione (per il momento computate a bilancio), di concentrarsi sempre di più, fagocitando tutte le imprese più piccole, di sfruttare il lavoro umano a proprio tornaconto in qualunque parte del mondo.

Voglio precisare meglio il concetto, ricollegandomi anche agli episodi di “scontro razziale” che stanno scuotendo gli USA in questi giorni.

Per collocarsi nella giusta prospettiva, bisogna partire da un dato reale: gli Stati Uniti, pur rappresentando il 5% della popolazione mondiale, detengono nelle loro galere un quarto di tutti i carcerati del pianeta, superando di circa un milione di detenuti la popolazione carceraria cinese. Per chi si considera il faro mondiale della libertà è un bel primato, non c’è che dire, al costo medio di 47 mila dollari per detenuto. I neri carcerati poi sono 5 volte più dei bianchi, che rappresentano solo la metà degli ispanici. Le cifre dicono che coloro che si trovano in fondo alla piramide sociale, subiscono anche la repressione maggiore.

Ora, non è un caso che si vada riacutizzando negli USA quello che altro non è che uno scontro di classe, nascosto dietro l’aggettivo razziale che la stampa vi appone. La crisi non è mai passata neppure negli Stati Uniti, soprattutto per i più poveri. E’ ripresa l’occupazione, ma più precaria e mal pagata di prima. Chi ha davvero ripreso a fare affari sono sempre i soliti che li facevano anche prima.

Per controllare la popolazione del cuore di quel sistema iniquo e insostenibile, evidentemente occorre una repressione ben maggiore di quella necessaria alla dittatura cinese. E il prolungarsi della crisi, fa crescere l’esercito di poveri, mentre il malcontento sfocia facilmente in esplosioni di violenza, a lungo repressa, specie in un paese dove le armi si vendono come le caramelle.

Nel disperato assalto finale alle risorse residue, il capitalismo americano riesce a far approvare la tecnica del fracking, che per spremere gli idrocarburi residui nelle rocce, devasta l’ambiente. Oppure scopre le possibilità economiche offerte dal business della cannabis, dopo averla a lungo criminalizzata, mentre la prostituzione è già legalmente sfruttata. Ma tutto ciò non è ancora sufficiente, occorre anche garantire la supremazia del dollaro negli scambi internazionali, ed impedire che altre potenze s’accordino tra loro in funzione anti americana.

Ecco l’attacco concentrico su più livelli alla Russia. Ecco la mossa del prezzo del petrolio, che danneggia contemporaneamente un bel trittico di paesi ostili: Russia, Iran e Venezuela, quest’ultimo già sull’orlo della bancarotta. Diciamo pure benevolmente che, se gli USA non sono dietro a tale strategia, quantomeno stanno dando una mano al destino, agevolando un eventuale default della Russia, stretta tra il crollo del prezzo del petrolio e le conseguenze delle sanzioni occidentali.

Nel post precedente dicevo anche che:

Il crollo del prezzo del petrolio, inoltre, accentua provvidenzialmente la divergenza di interessi tra un grande produttore, quale la Russia, ed un grande importatore, come la Cina, contribuendo ulteriormente all’isolamento della Russia.

Tuttavia accade che debba ricredermi in fretta, perché è notizia fresca che:

Il ministro degli Esteri cinese ha promesso sostegno alla Russia in quanto affronta una crisi economica a causa delle sanzioni e un calo dei prezzi del petrolio. Incrementare gli scambi in yuan è una soluzione proposta dal ministro del commercio di Pechino.

Evidentemente i cinesi non intendono stare lì buoni a guardare la partita che si sta giocando.

E l’Italia in questa partita che ruolo ha? Subordinato ai padroni, come al solito. E i padroni sono quelli più forti, destinati a vincere.

(Sempre fino a prova contraria).

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore