Grandi manovre di primavera

FarageDer Spiegel ci fa sapere che durante il recente summit dei capi di stato e di governo della UE, il premier britannico Cameron avrebbe minacciato di far uscire la Gran Bretagna dalla UE nel caso si fosse designato Jean Claude Juncker a presidente della Commissione europea, confessando che quella nomina destabilizzerebbe talmente il suo governo, da dover anticipare il referendum sull’appartenenza alla UE.

Grandi manovre sono in corso per ridefinire alleanze ed equilibri di potere per il prossimo futuro nella UE, alla luce dei recenti risultati elettorali. L’elemento di maggiore incertezza è senz’altro costituito dalla vittoria del FN in Francia, che potrebbe rappresentare la fine di quell’asse franco-tedesco che ha dettato l’agenda politica dell’unione nel recente passato, oltre che la fine dell’euro stesso qualora Marine Le Pen guadagnasse la presidenza della repubblica. Ma alle elezioni presidenziali francesi mancano ancora tre anni e in questo tempo le forze filo europeiste faranno di tutto per ricompattare il fronte a favore di una maggiore integrazione, tentando nel contempo di salvare l‘euro.

Dal momento che Francia e Inghilterra si configurano come i più euro-scettici tra i grandi paesi dell’Unione, la Germania ha la necessità di trovare un’altra stampella forte alla propria leadership europea, a meno di non voler dettar legge da sola, gettando la maschera ed assumendosi totalmente la responsabilità della guida del continente, cosa peraltro sempre più invisa dagli altri popoli.

L’Italia è il candidato ideale, anche se con un’economia a pezzi e un debito altissimo, ha comunque dimostrato di essere ancora la roccaforte dei filo-europei, pronta ad appoggiare la Germania, magari in cambio di un po’ di elasticità sul rispetto del patto di stabilità o del Fiscal compact.

I dibattiti sulle alleanze in Europa investono in questi giorni anche le opposizioni, le cui possibilità di incidere a Bruxelles sono fortemente vincolate alla formazione di gruppi parlamentari. Esemplare è il caso delle pressioni esterne ed interne in atto nel M5S per orientarne le alleanze verso il gruppo dei Verdi europei, piuttosto che con UKIP di Nigel Farage, come preannunciato da Grillo. I Verdi dell’europarlamento sono da sempre a forte ispirazione tedesca e decisamente europeisti, nella logica del “più Europa”, non hanno mai messo in discussione la moneta unica.

In questa partita si collocano le dichiarazioni di un vecchio esponente dei Verdi, come Daniel Cohn Benedit, uscito con un appello affinché i Verdi appoggino la candidatura di Juncker alla Commissione europea. Jean Claude Juncker è l’espressione delle politiche di rigore dettate dall’appartenenza alla moneta unica, di cui egli stesso è stato paladino. Come candidato del PPE, la sua nomina rappresenterebbe la perfetta continuità con le ultime due commissioni presiedute da Barroso ed espresse dal centrodestra europeo.

Se c’è una cosa che queste elezioni europee hanno decretato è il fallimento delle politiche portate avanti da alti rappresentanti di nessuno, quali Barroso, Juncker, Van Rompuy e Schulz (in qualità di presidente dell’europarlamento), per conto delle grandi istituzioni finanziarie e i grandi gruppi industriali europei. Questi cinici personaggi devono essere messi in condizione di non nuocere più, ed i leader europei rimasti più scottati dai risultati elettorali lo hanno ben compreso.

La partita è estremamente complessa perché vi si intrecciano forti interessi economici, sia nazionali che transnazionali. Visioni diverse dell’Europa e della democrazia oltre a pulsioni egoistiche e xenofobiche. Per taluni aspetti ricalca i giochi d’alleanze che da secoli impegnano le cancellerie europee. Prussia e Austria contro Francia e Inghilterra, o Roma e Berlino contro Londra e Parigi. Se i precedenti insegnano qualcosa, ricordiamoci che le alleanze con la Germania non ci hanno mai portato fortuna.

Nigel Farage è stato da sempre critico verso quest’Europa a guida tedesca e le politiche antidemocratiche imposte dalla troika ai paesi membri e personificate da Barroso, Juncker e Schulz, oltre che un fautore del ripristino delle sovranità nazionali, tra cui quella di battere moneta. Le sue capacità oratorie e i suoi argomenti fanno paura a Bruxelles e ora che ha sbancato nel suo paese, è ancora più temuto anche a Berlino. Non è un caso se anche da noi sia partita la campagna di demonizzazione.

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore