Il caso Italia

Tra tanto disordine, l’Italia contribuisce per la sua brava parte. Il paese non riesce più a crescere da molti anni ed anziché rinnovarsi per tenere il passo con la competizione globale, si è rinchiuso nella difesa di interessi corporativi e privilegi acquisiti. La corruzione ed il malaffare sono dilagati fino a raggiungere giri d’affari vertiginosi. Si ipotizza che il fatturato della criminalità organizzata oscilli intorno ai 130 miliardi, mentre l’evasione fiscale non è mai stata efficacemente combattuta ed oggi si aggira sui 150 miliardi l’anno. Inoltre la Corte dei Conti quantifica in 60 miliardi il costo della corruzione ogni anno.

Durante la guerra fredda, l’Italia è stato il paese con l’economia più statalizzata dell’Europa occidentale, arrivando a rappresentare più della metà del PIL. Banche, industrie, telefoni, autostrade, aziende di trasporto, e molto altro era in mano pubblica, oltre ai tradizionali settori della sanità, istruzione, giustizia e difesa. Cionondimeno i ritmi di crescita di quel periodo sono stati tra i più elevati mai raggiunti dal paese. Probabilmente quella struttura si addiceva meglio al carattere nazionale, da sempre abituato allo Stato padrone e alle corporazioni a difesa degli interessi di settore.

Sicuramente una diversa etica pubblica ha connotato i dirigenti politici di quegli anni, diversamente da quelli successivi, molto più inclini al nepotismo e alla corruzione. Inoltre, decenni di assunzioni clientelari nella pubblica amministrazione, ne hanno minato l’efficienza, a vantaggio di una burocrazia che ha finito per rappresentare un freno allo sviluppo ulteriore.

Criminalità, corruzione, evasione fiscale, burocrazia e insipienza politica sono i mali che maggiormente affliggono l’Italia e che hanno consentito un’espansione folle del debito pubblico, giunto alla incredibile cifra di 1900 miliardi di euro, ovvero il 120% del PIL. Accanto a ciò vi è anche l’andamento demografico, che fa dell’Italia uno dei paesi insieme più longevi e meno prolifici del mondo, con conseguente invecchiamento della popolazione.

Infine, il divario tra nord e sud s’è fatto sempre più ampio; in effetti, ciò che va sotto il termine di “questione meridionale”, si può dire che sia alla base dei mali che affliggono l’Italia. Tali fattori negativi tuttavia persistono da lungo tempo e se solo nella crisi attuale sembra che siano venuti al pettine, ciò è dovuto alla moneta comune, dal momento che nel passato veniva usata la valvola di sfogo fornita dalla svalutazione monetaria per ridare fiato all’economia e spalmare su tutti gli italiani il costo del riallineamento, con la conseguente inflazione. Con l’Euro non è stato più possibile e non è un caso che l’ultimo decennio abbia registrato un sostanziale ristagno dell’economia italiana, mentre il debito ha continuato ad aumentare.

Attualmente il paese è in una fase di declino industriale, con aumento della disoccupazione e della sperequazione sociale, riduzione del welfare e del potere d’acquisto reale dei salari. La recente manovra economica, imposta al governo dalla BCE per procedere all’acquisto di titoli pubblici italiani (giunto a quasi 100 miliardi di euro, dalla metà dell‘agosto scorso, non senza contrasti interni all’istituto, sfociati nelle dimissioni del membro tedesco del board), avente come fine il pareggio di bilancio nel 2013, aumentando il carico fiscale, sortirà effetti recessivi, riducendo ulteriormente PIL e consumi.

Pur tuttavia l’Italia non è un paese povero, si calcola che la ricchezza delle famiglie italiane oscilli intorno ai 9000 miliardi, anche se il 10% delle famiglie ne possiede il 50%. Ancora oggi, in piena crisi, è la settima o l’ottava economia del mondo, con numerosi settori d’eccellenza. Il capitale umano del paese è ancora in grado di competere con successo con altre nazioni, ma non si può più lasciare che il divario con gli altri paesi concorrenti aumenti. Siamo ad un punto di svolta, in un momento cruciale della Grande Crisi Economica iniziata nel 2008 con la bolla dei mutui subprime ed arrivata ora ai debiti sovrani. Dopo la Grecia, sarà l’Italia a ballare sulla graticola (in parte ha già iniziato), gli speculatori avranno modo di guadagnare molto dall’aumento degli interessi sul debito, se questo non dovesse essere ricondotto a livelli più bassi, soprattutto in presenza di un calo reale del PIL, quale si prevede nel prossimo biennio.

La BCE non potrà acquistare BOT e CCT indefinitamente, specialmente con un governatore italiano alla sua guida, mentre il nuovo strumento salva stati – EFSF è ancora lungi dall’essere operativo, non essendo ancora stato approvato da tutti i parlamenti nazionali.
Il debito pubblico greco è di 350 miliardi, ancora alla portata di un salvataggio dei paesi forti dell’Euro. Il debito italiano è al di la delle capacità anche dei paesi più ricchi e un default italiano rappresenterebbe davvero il crollo dell’euro, con conseguenze catastrofiche su tutti i mercati.

Oggi è l’Italia il vero sorvegliato speciale della comunità internazionale. Se riuscirà in breve tempo ad attuare le riforme necessarie, far pagare le tasse a tutti abbassandole, spendere meno e meglio il denaro pubblico, contrastare la criminalità ed a prelevare un po’ di ricchezza dai più abbienti per ridurre il suo debito, potrà riprendere a crescere e darà stabilità all’Euro. Altrimenti ci attendono tempi molto duri.

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore