Il Conte Draghi

Bello il lungo e sentito applauso attribuito al Presidente uscente Conte dai dipendenti di Palazzo Chigi affacciati alle finestre, nel giorno del passaggio di consegne con il nuovo Premier Draghi. Il tempo è galantuomo e la Storia riconoscerà i meriti del professor Giuseppe Conte, catapultato nella merda della politica italiana dalla cattedra dell’università, riuscendo persino a tener testa ad un Salvini alleato ma sempre più smanioso di smarcarsi dall’abbraccio con i 5 Stelle per capitalizzare ciò che i sondaggi dell’estate 2019 attribuivano alla Lega e che dopo un periodo di guerriglia ha deciso di togliere il sostegno a quel governo di cui era vice Presidente nonché ministro degli Interni e che aveva costituito con tanto di contratto scritto insieme al M5S poco più di un anno prima.

Invece delle elezioni anticipate, la brillante strategia del capo della Lega ha ottenuto l’uscita del suo partito dal governo, per lasciare il posto all’arcinemico PD. Quest’ultimo inizialmente scettico sull’alleanza con i 5 Stelle, è stato poi convinto dal ripensamento di Renzi. E’ nato così, un anno e mezzo fa, il secondo governo Conte che si è trovato presto ad affrontare la situazione più drammatica per il Paese dalla Seconda Guerra Mondiale.

Se fu una giravolta quella di Conte, passato dal governo con la Lega a quello con PD e LEU, quelle fatte dalla maggioranza dei leader politici negli ultimi giorni, sono salti mortali carpiati. A cominciare da Matteo Renzi che, dopo la scissione dal PD, come il suo omonimo leghista ha messo in atto la solita guerriglia per andare a parare all’uscita dal governo che aveva contribuito a far nascere, con pretesti che si sono dissolti all’apparire sulla scena di Mario Draghi. Ha trattato con gli ex alleati per avere più ministeri e più voce nei diversi capitoli (soprattutto quello della spesa del Recovery Fund, ma anche sui servizi segreti), alla fine ha ottenuto il ritorno al governo della Lega e di Forza Italia ed un solo ministero senza portafoglio, cha già aveva. In pratica ha dimezzato la sua delegazione al governo. I due Mattei avevano dichiarato con la massima solennità che non si sarebbero mai alleati solo pochi giorni fa, e invece…

Evaporato come rugiada al sole anche il patto anti-inciucio del centrodestra, con Berlusconi vero vincitore della partita per la formazione del nuovo governo, essendo riuscito a portare a casa tre ministeri dopo anni di digiuno.

Ma il merito di un doppio salto mortale con avvitamento va senza dubbio a Beppe Grillo, che continuando a considerare il Movimento 5 Stelle un partito padronale, in sintonia con quello che aveva soprannominato lo Psiconano che da sempre considera Forza Italia una sua proprietà, s’é precipitato a Roma per trattare direttamente con Draghi. In questi due partiti ora alleati i congressi sono banditi, al più gli iscritti 5 Stelle possono votare online quesiti rigorosamente non neutrali, ma non esistono dibattiti strutturati né sedi opportune per affrontarli, il dissenso dalla linea del padre-padrone è punito con l’ostracismo, l’emarginazione e l’espulsione.

Grillo, che diceva del Governatore della BCE il peggio possibile, che dileggiava Renzi e disprezzava Berlusconi, ha oggi “spronato” i suoi adepti perplessi e disorientati ad accordare la fiducia al governo Draghi, accettando persino un pesante ridimensionamento della delegazione 5 Stelle pur di sedersi allo stesso tavolo con Renziani e Leghisti che avevano affondato i due governi di Giuseppe Conte, nonché con i fiduciari dell’ex Psiconano, tornato in forma di ectoplasma sulla scena politica grazie al genio del Matteo di Rignano.

Anche il salto carpiato con capriola di Salvini ha lasciato parecchi a bocca aperta. Dal sodalizio con i paesi sovranisti dell’est Europa al governo europeista, dall’appoggio a Trump ostentato sulla mascherina durante la campagna presidenziale americana alla rinuncia alla sovranità monetaria, invocata fino a ieri sugli argomenti di economisti anti-euro del calibro di Claudio Borghi e Alberto Bagnai, entrambi imbarcati al Senato con la Lega, entrambi convertiti al nuovo corso dopo tanti anni di dibattiti e fiumi d’inchiostro spesi a dimostrare la perniciosità della moneta unica per la nostra economia e le infamie della BCE di Draghi.

In confronto a questi abili acrobati, la dirigenza del PD ha dato di sé solo un misero spettacolo di ingoio di rospi (riduzione della delegazione al governo) e serpenti (alleanza con Lega, Forza Italia e Italia Viva). Avrebbero ingoiato comunque qualsiasi pietanza servita dal Presidente Mattarella pur di non andare al voto e rimanere ancora un po’ su qualche poltrona di governo.

In questo teatro grottesco e dell’assurdo, Fratelli d’Italia è l’unico a salvare la faccia e Giorgia Meloni guadagna facilmente il premio per la coerenza, starà all’opposizione e per fortuna perché altrimenti non si sarebbe più potuta usare la metafora del consenso bulgaro, soppiantata dal consenso italiano.

La verità di questa rappresentazione assurda, acrobatica ed incoerente messa in scena dai maggiori partiti politici italiani in brevissimo tempo, è purtroppo un’altra e si chiama pandemia. In un anno abbiamo avuto quasi centomila morti per Covid19, durante la Seconda Guerra Mondiale, tra miliari e civili, persero la vita in 5 anni poco più di 472.000 italiani. Purtroppo non siamo affatto vicini alla fine di questa tragedia. Se fossimo fortunati, come nel caso della pandemia di influenza spagnola che durò poco più di due anni (1917-1919) prima di scomparire da sola, senza vaccini né terapie, ci troveremmo appena a metà strada, con il peggio ancora davanti a noi, ma potremmo essere anche più sfortunati ed incappare in mutazioni del virus ancora più letali, certamente stiamo già sperimentando varianti più contagiose. Abbiamo i vaccini, ma non sappiamo quanto durerà la loro copertura, né la loro efficacia sulle nuove varianti. Dovremo inevitabilmente affidarci all’unica strategia che ci ha permesso di contenere al massimo la diffusione durante la prima ondata: il lockdown generalizzato, cioè stare a casa e uscire solo per comprare cibo e farmaci.

Ma la gente non ne può più. Se all’inizio è stato possibile metterlo in atto, ora nessuna maggioranza politica risicata avrebbe la forza di imporlo di nuovo, ma soprattutto nessun leader politico ci metterebbe la faccia, avvicinandosi sempre più le elezioni e con l’opposizione pronta a sfruttare ogni passo falso del governo, comunque costretto a muoversi a tentoni, in assenza di una strategia certa che salvi capra (la salute degli italiani) e cavoli (lavoro ed economia del Paese).

Allora tutti dentro, cedendo di buon grado la responsabilità delle scelte cruciali al Super Mario di turno, che dovrà comunque fare i conti con il Servizio Sanitario Italiano e la sua frammentazione regionale, introdotta dalla scellerata riforma del Titolo V della Costituzione, voluta dal centrosinistra. Dovrà fare i conti con la burocrazia della pubblica amministrazione che ritarda l’arrivo dei sussidi laddove più servono. I conti con la complessità dell’apparato statale che mal si concilia con la rapidità richiesta dall’emergenza. I conti con l’esasperazione della gente che tenderà sempre più spesso ad infrangere le restrizioni imposte. I conti con la produzione e la fornitura dei vaccini che sono al di fuori del nostro controllo nazionale. I conti con le varianti del virus e probabili nuove ondate di pandemia.

Il Recovery Fund è secondario a tutto ciò. Sono soldi per lo più in prestito che verranno erogati nell’arco di 6 anni, la prima trance prevista per quest’estate di 20 miliardi di euro rappresenta solo un quinto di quanto già stanziato finora dal governo Conte.

Occorrerà imporre restrizioni severe a tutta la popolazione per l’intera campagna vaccinale, affinché questa sia rapida ed efficace, ammesso che ci vengano fornite le dosi necessarie. Se Draghi ce la farà, senza che i partiti che lo sostengono si sfilino o si sfaldino, si sarà meritato la Presidenza della Repubblica tra un anno e mezzo, altrimenti lui e la sua maggioranza composita verranno duramente puniti dagli italiani e la prossima legislatura sarà una partita a due tra Giorgia Meloni e Alessandro Di Battista. Perché Di Battista? Perché se non si proponesse alla guida dei delusi e insoddisfatti che da domani si accumuleranno alla sinistra di Meloni, sarebbe proprio un fesso. Le carte in regola ce l’ha, deve solo avere il coraggio di commettere il parmenicidio, come Platone.

[This post has already been read 876 times]

Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore