La miseria prossima ventura

Giustificarono la precarietà con lo slogan: meglio un lavoro flessibile che un lavoro in nero. Oggi giustificano i licenziamenti con la necessità di dinamizzare un mercato del lavoro ingessato, dove di ingessato ormai sono solo le procedure di espulsione dal lavoro.

Attualmente non esiste azienda che, necessitando di mano d’opera, non riesce ad assumere per le difficoltà normative. Semmai ha l’imbarazzo della scelta tra 46 forme diverse di rapporto di lavoro. Al contrario, molte aziende non riescono a ridurre il personale, malgrado ne sentano il bisogno, a causa delle tutele legali di cui ancora godono i dipendenti a tempo indeterminato.

Non è difficile immaginare che, regolando un po’ meglio le assunzioni e  semplificando i licenziamenti, nell’attuale congiuntura, quest’ultimi saranno quelli di gran lunga più attuati. E di conseguenza si prospetta un ulteriore incremento della disoccupazione che richiede la modifica degli strumenti della cassa integrazione e della mobilità, onde non gravare ancora di più sulle esauste casse dello Stato. In sostanza ci saranno meno soldi di sussidio e per meno tempo, demandando alle Regioni la chimerica ricerca di nuova occupazione.

Tutto ciò mentre la recessione incalza e la tassazione aumenta (a settembre toccherà ancora all’IVA, quest’anno si comincia a ripagare un’ICI ancor più cara e la benzina macina record di prezzo). E’ facile prevedere un crollo delle entrate fiscali dovuto al calo dei redditi e dei consumi, che non sarà compensato (almeno nell’immediato) dal recupero dell’evasione.

E siccome l’Italia si è impegnata a ridurre il debito e pareggiare il bilancio entro il 2013, si renderà necessario un sensibile taglio della spesa. Gli esempi della Grecia e del Portogallo ci mostrano cosa questo significa: riduzione di pensioni e salari dei pubblici dipendenti, licenziamenti nella pubblica amministrazione e tagli all’assistenza sanitaria. Innescando quella spirale recessiva che soltanto un massiccio stimolo pubblico potrà interrompere, ma Keynes è stato sepolto e con lui i suoi libri.

La vera partita sull’articolo 18 è che le imprese (quelle che ancora producono qualcosa) hanno bisogno di licenziare per aumentare la produttività, altrimenti – una ad una – delocalizzeranno tutte. Bonanni e Angeletti lo sanno e offrono la loro disponibilità, sperando di evitare in cambio la mannaia sull’impiego pubblico (loro bacino). Speranza vana perché tra un anno il governo dovrà tagliare anche gli stipendi dei pubblici dipendenti e licenziarne un bel po’ (Grecia e Portogallo docent). Napolitano è stato lo sponsor di Monti e il garante delle misure richieste dalla Merkel e dalla BCE. Dopo la guerra dello spread, l’Italia ha chiesto l’armistizio e s’è arresa senza condizioni. Il suo establishment deve rispettare i patti se vuol rimanere al suo posto e conservare i propri privilegi. Al popolo i sacrifici.

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore