Le contro-riforme

La parola “riforme” pronunciata dai politici mi fa accapponare la pelle, non posso fare a meno di immaginare corrotti e incompetenti all’opera per smantellare ciò che di buono ci è stato lasciato dalle precedenti generazioni ed a loro costato lotte e sacrifici.
Mi sembra che solo raramente le riforme riguardino l’ampliamento della sfera delle libertà e dei diritti dei cittadini, come nel caso delle unioni omosessuali o del diritto di ciascuno di disporre del proprio corpo come meglio crede, libero di far uso di droghe, di interrompere una gravidanza, di decidere di morire o di fare sesso con chi gli pare, purché maggiorenne e consenziente.
Quasi sempre le “riforme strutturali” nascondono l’obiettivo inconfessato di comprimere i diritti dei lavoratori e dare al mercato (ovvero ai datori di lavoro) maggiore libertà in materia di licenziamenti, retribuzione e orari di lavoro. Altre volte riguardano i diritti della collettività e l’influenza di questa nelle scelte economiche anche a livello locale, il loro impatto con l’ambiente e con la salute della gente, percepita come fastidioso ostacolo da parte delle aziende private.
Mai le riforme ambiscono ad accrescere indistintamente il reddito della popolazione, oppure abbreviare gli orari di lavoro, molto di rado vengono proposte per migliorare la qualità dei servizi offerti dallo Stato ai cittadini, andati progressivamente scadendo negli ultimi anni, come la giustizia, la scuola, la sanità e i trasporti pubblici, che più che di riforme avrebbero bisogno di fondi e personale preparato.

Non sono affatto favorevole a modificare la nostra Costituzione e vedo come il fumo negli occhi leggi elettorali che non siano proporzionali pure, come stabilito dai costituenti. Il maggioritario mi fa venire in mente la legge Truffa voluta dalla vecchia DC per consolidare il proprio potere e avversata col sangue dalla sinistra. Tutti stratagemmi per alterare la rappresentanza politica dei cittadini e consolidare il traballante potere dei partiti.

Per essere più precisi, una modifica ritengo sia doveroso farla e consiste nel ripristino del Titolo V originale, cambiato a maggioranza dal centrosinistra e rivelatosi una voragine senza fondo per le spese fuori controllo delle regioni. Ma a parte questa, non c’è davvero nessun bisogno di riforme costituzionali, piuttosto bisogna attuare la Costituzione in tutto il suo dettato e introdurre dei limiti di sobrietà negli emolumenti e pensioni percepiti dai funzionari pubblici, a partire dai rappresentanti politici. Occorre far funzionare l’apparato statale introducendo dei semplici criteri meritocratici per carriere e stipendi, e rinnovare le procedure avvalendosi dei più moderni supporti tecnologici.

C’è bisogno che lo Stato torni a farsi carico del benessere collettivo, fornendo innanzi tutto la moneta di cui l’economia ha bisogno per marciare a pieno regime, dove per pieno regime intendo piena occupazione. Ma essendo ciò l’unica cosa interdetta ai nostri governanti, essi distolgono l’attenzione pubblica con discorsi fumosi sulla necessità di riformare tutto il riformabile a condizione di non cambiare la classe politica e perseverare nell’austerità imposta dalla UE.

Non sono le leggi a determinare le società, ma sono i cittadini che le rispettano e i governanti che danno il buon esempio.

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore