Più Stato e meno privato

pendoloIl pendolo della Storia pare oscillare tra periodi opposti di grande fermento innovativo ed altrettanto grande regresso, frutto della tendenza alla conservazione dei rapporti di forza scaturiti nella precedente fase di fermento innovativo.

Se la stagione d’egemonia del pensiero neoliberista è connotata, nella sua attuale fase declinante, dalla politica riformista, ossia la politica che implementa tutte quelle riforme a favore del capitale e da esso stesso invocate, la stagione che gli succederà sarà invece necessariamente connotata da una politica rivoluzionaria, volta ad abrogare l’ordinamento preesistente, fondato sulla supremazia del denaro, per costruirne uno nuovo basato sull’interesse sociale e collettivo, e la salvaguardia dell’ambiente.

La pace è senza dubbio al vertice dell’interesse collettivo. La pace con gli altri popoli la si ottiene a due condizioni: un atteggiamento non aggressivo, che escluda ogni intervento armato al di fuori dei confini nazionali, ed un dispositivo difensivo efficace, in grado di dissuadere chiunque tenti un’aggressione armata. La pace sociale è ugualmente importante per un popolo, essa può essere mantenuta solo assicurando libertà e giustizia a tutti i cittadini indifferentemente.

Nella società ultra capitalista la giustizia è tornata ad essere di classe come nel feudalesimo. Le differenze di censo hanno dato luogo a dinastie di capitalisti, il cui potere globale va ben oltre quello delle dinastie feudali. L’accesso all’istruzione, alle cure mediche, al lavoro stesso, dipende strettamente dal livello di reddito e dalla ricchezza accumulata. Famiglie benestanti perpetuano la loro presenza nelle élite di potere grazie alle migliori opportunità che la loro ricchezza, in continua ascesa, gli riserva, mentre la classe media scivola progressivamente verso la povertà. Non a caso nell’ultimo quarto di secolo è tornato a crescere il divario tra ricchi e poveri. E con la povertà diminuisce il grado di libertà delle masse di neo-proletari, costretti a trascorrere gran parte della vita in occupazioni precarie e mal retribuite, a cui lo Stato, in perenne austerità, eroga sempre meno servizi efficienti e gratuiti. Masse senza più nemmeno la speranza di una futura emancipazione economica e sociale, a meno di non emigrare.

Il ripristino della giustizia e della libertà richiederà l’istituzione di un limite nel divario di ricchezza tra i cittadini. Un limite oltre il quale esso diviene intollerabile e inammissibile. Ciò non significa affatto uniformità di reddito e ricchezza. A differenze di merito e di responsabilità corrisponderanno sempre adeguate differenze di reddito, all’interno però di una forbice che garantisca un livello minimo di reddito per un’esistenza dignitosa, ed un livello massimo che non ecceda di trenta volte quello minimo. Per ottenere ciò si dovrà ripristinare una forte progressività fiscale sul reddito e sulle successioni patrimoniali. Si dovranno reintrodurre controlli sull’esportazione di capitali al fine di evitare che i grandi patrimoni espatrino alla ricerca di regimi fiscali più compiacenti. E, cosa più importante, andrà sottratta ai soggetti privati la creazione e gestione della moneta. A tal scopo tutte le banche dovranno essere nazionalizzate, ed insieme a loro tutte le grandi aziende di servizi di pubblico interesse e utilità.

Si tratterà di far riprendere allo Stato, quale espressione della collettività, il suo giusto peso e ruolo nell’economia, sia come regolatore che come soggetto attivo, in grado di impiegare il risparmio dei cittadini per promuovere in prima persona attività industriali strategiche per la nazione, nei settori energetico, dei trasporti, delle comunicazioni, alimentare e farmaceutico, generando lavoro con l’obiettivo esplicito di una piena occupazione.

Un apparato statale più esteso richiederà la creazione di autorità indipendenti di valutazione e controllo, formate da tecnici e cittadini sorteggiati per un solo mandato in regioni diverse da quella in cui opereranno, al fine di combattere fenomeni di eccesso di burocrazia e clientelismi vari.

Se il mantra economico degli ultimi trent’anni è stato “più privato e meno Stato”, nella prossima stagione storica andrà necessariamente declinato alla rovescia: più Stato e meno privato. E’ lo Stato, quale organizzazione scaturita dal patto sociale tra i cittadini, ad essere il supremo garante del benessere della nazione. E cos’altro è il benessere, se non pace, lavoro, dignità e libertà per ciascuno?

Più privato e meno Stato non ha garantito nulla di tutto ciò.

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore

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