Una grande coalizione antagonista

coalizAntagNelle democrazie prima o poi l’opposizione va al governo. Se l’economia cresce e il tenore di vita dei più migliora, può trascorrere anche molto tempo prima che l’opposizione divenga maggioranza, spesso dopo un processo di profonda revisione delle posizioni iniziali. Viceversa, quando lavoro e reddito si riducono drasticamente per i più, l’opposizione rischia di arrivare al governo nel volgere di pochi anni, in una o due tornate elettorali al massimo.

La situazione italiana degli ultimi anni, con la crisi economica più dura dall’unità nazionale, rientra in questo secondo caso, offrendo all’opposizione la possibilità di sostituire a breve la vecchia classe di governo. Si, ma quale opposizione?

Attualmente l’opposizione politica è estremamente variegata e va dalla destra radicale di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, passando per la Lega di Matteo Salvini, che l’ha rinnovata cannibalizzando parte dell’elettorato berlusconiano, entrambi su posizioni anti-euro. Anche ciò che resta di Forza Italia, guidata dall’inossidabile Silvio, starebbe nominalmente all’opposizione, nonostante nella pratica siano innumerevoli i provvedimenti della maggioranza passati con la sua compiacenza. All’opposizione c’è SEL di Nicky Vendola, malgrado i pezzi persi a favore del PD a causa dell’ambiguità della sua strategia. All’opposizione si collocano i fuoriusciti eccellenti del PD, Cofferati, Civati e Fassina, e quasi tutti gli espulsi dal M5S. Infine, il gruppo più consistente dell’opposizione parlamentare, costituito dal M5S di Grillo.

Può questa eterogenea compagine divenire maggioranza? Certo che no, tutti insieme. Ma ugualmente improbabile è che un solo gruppo possa raccogliere la maggioranza dei consensi degli italiani. Per quanto la nuova legge elettorale voluta da Matteo Renzi offra un consistente premio di maggioranza, la pretesa che un solo partito possa governare da solo anche senza una reale maggioranza nel paese, risulta velleitaria e lontana dall’esperienza storica italiana, che ha nei governi di coalizione il tratto più ricorrente.

E forse è un bene che sia così, giacché un solo partito al comando richiama tristemente alla memoria il ventennio fascista. Le tentazioni autoritarie sarebbero troppo forti. Il M5S, che rappresenta l’opposizione più genuina in quanto nuovo sul proscenio politico, senza legami con poteri forti e pregresse responsabilità di governo, si trova nella necessità di far evolvere la propria strategia alla luce dei veloci cambiamenti in atto intorno a noi, per gran parte innescati dalla crisi, facendo tesoro dell’esperienza accumulata durante questi ultimi due anni in Parlamento.

L’entusiasmo suscitato nel paese dalla rapida ascesa di Matteo Renzi, va rapidamente spegnendosi, soffocato dall’incapacità di incidere consistentemente sulle persistenti negative condizioni economiche, di ottenere ascolto in sede europea sia sul tema della maggior crescita e minor austerità, che su quello della moltitudine di profughi in arrivo nel nostro paese, nonostante le sue doti affabulatorie, che alla lunga, non seguite dai fatti, generano un inarrestabile calo di fiducia. Dopo aver perso pezzi della sua maggioranza, Renzi se la deve vedere con quanti avevano riposto in lui la propria fiducia e ora vanno ricredendosi, come l’imprenditore Della Valle. E, come accade sovente da noi, coloro che sono stati così veloci a salire sul carro del vincitore, sono anche quelli che con altrettanta velocità ne scendono ai primi scricchiolii. Pertanto non è affatto da escludere che si torni a votare molto presto, forse addirittura in autunno, con un occhio all’evoluzione della situazione economica e politica europea.

Il M5S deve assolutamente farsi trovare pronto ad afferrare quest’occasione storica, che molto probabilmente dovrà essere affrontata con la legge elettorale proporzionale scaturita dalla sentenza della Consulta, perché l’Italicum entrerà in vigore solo tra un anno, sempre ammesso che non venga modificato nel frattempo. Essere pronti significa saper proporre agli italiani un programma politico alternativo, coerente ed attuabile, insieme con una squadra di governo capace, credibile e senza ombre. Ma significa anche e soprattutto saper rinunciare al dogma dell’autosufficienza per prendere atto che in ogni altro paese d’Europa le opposizioni antagoniste hanno dovuto allearsi con altre forze per arrivare a governare, come dimostrano gli esempi di Syriza in Grecia e Podemos in Spagna, per le municipalità di Barcellona e Madrid.

Coalizzarsi con altre forze d’opposizione rassicura l’elettorato sulla presenza di più più voci nel governo e nella maggioranza e contrasta le tendenze autoritarie di un solo partito al potere. Ovviamente le coalizioni vincenti sono quelle in cui i consensi delle singole forze non si sommano, ma si moltiplicano, in virtù di una capacità attrattiva trasmessa dalla coerenza ed attuabilità del programma comune, frutto di un necessario compromesso che non snaturi nessuna posizione. Pochi punti qualificanti, quindi, sui quali coalizzare il massimo consenso nel paese.

I rappresentanti del M5S, di SEL e dei dissidenti PD che sono andati ad Atene per manifestare la loro vicinanza nella battaglia del governo greco contro l’autoritarismo europeo, costituiscono in nuce quella coalizione antagonista in grado di conquistare la maggioranza alle prossime elezioni politiche. Occorre che il progetto messo in campo da Cofferati, Civati e Fassina raccolga velocemente quelle frange deluse di elettori PD che sempre più numerosi decidono di disertare le urne, raccogliendo anche quella dissidenza grillina ora nel limbo, ed attivandosi presto per la creazione di una coalizione antagonista, con un’operazione di ricomposizione di quella diaspora di espulsioni che tanti danni ha recato all’immagine del M5S.

Occorre che il M5S sia pronto a cogliere i cambiamenti e le opportunità di questa fase fluida della politica italiana ed europea, senza rimanere ingessato dai suoi tabù, pur senza rinunciare ai propri ideali. C’è bisogno di sdoganare quelle forze preparate, giovani ed oneste in grado di apportare un benefico ricambio nelle istituzioni del paese, anche accettando di farlo insieme con chi, partendo da posizioni non troppo distanti, ha intrapreso un percorso di autocritica ed avvicinamento a quelle tesi che il M5S propugna da tempo, pur senza ammetterlo direttamente.

Se c’è una lezione che stiamo apprendendo dal governo greco di Syriza è che destra e sinistra non sono uguali, quando non sono finte. E il M5S non sarà mai di destra.

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore