Vent’anni fa

scontri-EgittoNell’ultimo decennio del secolo scorso abbiamo vissuto in un mondo decisamente migliore di quello attuale. La pace innanzi tutto era più diffusa di quanto lo sia ai giorni nostri. C’erano ancora i vari despoti arabi al potere, a cominciare da Saddam, Mubarak e Gheddafi, ma nei loro paesi non ci sia ammazzava per le strade. L’Islam ed il mondo arabo non avevano ancora sostituito il comunismo nel ruolo di nemico mortale degli USA e dell’occidente, come sarebbe accaduto dopo l’11 settembre 2001. Certo, c’è stata la tragedia Jugoslava, fomentata anche dai vincitori della Guerra Fredda, Francia e Germania in testa, che ha riproposto bombardamenti e massacri nel cuore dell‘Europa. Ma gli anni successivi avrebbero visto molte più guerre, a cominciare dall’Afganistan che dura ormai più della guerra in Vietnam, per proseguire in un Iraq destabilizzato e perennemente in conflitto, nonostante la fine dell’occupazione americana. Un incendio che è andato progressivamente diffondendosi dal Medio Oriente al Nord Africa, fino ad assumere le fattezze di una gigantesca guerra civile, che s’estende ormai dalla Tunisia alla Siria, passando per Libia, Egitto e Libano, con fasi di violenza intermittenti.

Nell’ultimo decennio del secolo scorso anche l’economia era messa molto meglio di quanto lo sia ormai da cinque anni di quella che è la più grave crisi economica dal 1929, e per molti paesi persino superiore a quella. C’era ancora la nostra vecchia lira, che ci aveva egregiamente accompagnato fino ad arrivare ad essere la quinta potenza economica del mondo.

Le crisi cicliche precedenti sono state sicuramente meno lunghe e intense, dalle quali eravamo abituati ad uscirne con un rinnovato slancio produttivo e una buona crescita economica. Seppure il declino dell’occupazione fosse iniziato già due o tre decenni prima, l’illusione di poter continuare a migliorare il tenore di vita era abbastanza diffusa.

In particolare i primi anni novanta hanno rappresentato per noi italiani un punto di svolta, uno spiraglio di rinnovamento dopo la decadenza della prima repubblica e la scoperta della corruzione dei partiti che l’avevano governata. Purtroppo, nel pieno rispetto della nostra indole gattopardesca, tutto è cambiato perché nulla cambiasse, e dopo un ventennio della cosiddetta seconda repubblica, siamo quasi a rimpiangere la prima.

Tutti i nostri vizi e difetti sembrano come essersi amplificati in questo tempo. Legalità, solidarietà ed educazione civica sono andate progressivamente scomparendo, sostituite da avidità, opportunismo e egoismo. Persino la nostra proverbiale inventiva e laboriosità sono scemate, cessando di alimentare la miriade di piccole e medie imprese che erano state la spina dorsale del boom economico degli anni sessanta. L’emigrazione è tornata ad essere una penosa necessità, ma questa volta ad emigrare sono i giovani con un alto grado d’istruzione che non riescono più a trovare lavoro in Italia, impoverendo ulteriormente una società divenuta nel frattempo molto più vecchia e conservatrice.

La decadenza del nostro paese s’è infine legata al declino dell’uomo che ha segnato questo ventennio, la cui uscita di scena è divenuta uno psicodramma collettivo, nel tentativo di vincolare le sorti del Governissimo, voluto dal Presidentissimo, al suo destino giudiziario.

Vent’anni fa c’era ancora in questo paese una parvenza di destra e sinistra, ora c’è solo una marmellata insipida, dove è difficile distinguere interessi e obiettivi, oltre alla difesa ad oltranza del fallimentare progetto di moneta comune per un’Europa che non potrà mai essere un unico stato, per motivi storici, linguistici e culturali, prima ancora che economici.

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore