Il Monte dei Paschi di Siena, le elezioni e il piano B

MPS

Finalmente il bubbone MPS è scoppiato e il pus sta uscendo copioso. Dopo le denunce di Report e lo scandalo dei 3,9 miliardi di euro concessi in prestito dallo stato alla banca sull’orlo della bancarotta, sono uscite fuori le magagne e il ruolo di presidente dell’ABI del principale responsabile all’epoca, Mussari, è diventato insostenibile, tant’è che si è dimesso. Contestualmente stanno emergendo gli intrecci di potere attorno al MPS, da sempre nell’orbita del PCI-PDS-DS-PD senese. Il dubbio è se sia la politica a controllare le banche o il management bancario a condizionare la politica, soprattutto a livello locale.

Il rischio dei derivati non è purtroppo esclusiva del MPS, Massimo Giannini ci informa che le banche italiane detengono derivati per un controvalore di 7.560 miliardi di euro. Evidentemente ci stanno raccontando una grossa balla dall’inizio della crisi, riguardo alla solidità ed oculatezza del nostro sistema bancario. Ma le bugie hanno le gambe corte e prima o poi vengono scoperte. Non che negli altri paesi siano messi meglio, però l’affare MPS dimostra chiaramente che anche le nostre banche possono essere a rischio derivati (come i derivati Goldman Sachs che fecero saltare i conti della Grecia).

Riuscirà il MPS a restituire i quasi 4 miliardi di euro che sta per ricevere dallo stato con gli interessi del 9%? In caso negativo, qual è il piano B? La nazionalizzazione?

Nel mentre ci avviciniamo alla data delle elezioni, i dati economici peggiorano, il FMI rivede al ribasso il nostro Pil per quest’anno, la cassa integrazione è cresciuta del 370% negli ultimi 4 anni e quasi 1000 imprese hanno chiuso ogni giorno nello scorso anno.

I talk show mi danno sempre più la nausea e riesco a seguirli con notevole sforzo. L’ultimo è stato il nuovo programma di Gad Lerner, in cui si confrontavano Monti e Fassina. Per entrambi dalla strada del rigore non si torna indietro, con l’Europa come stella polare. Le microscopiche differenze tra i due alla fine si riducono all’approccio, più spostato verso la domanda per Fassina, più concentrato sull’offerta (le riforme!) per Monti. Pronti a convenire che bisogna battersi per una maggiore integrazione europea che consenta di creare o spostare quelle risorse necessarie alla ripresa degli investimenti e della domanda.

Eppure a me sembra così chiaro che se l’Europa s’è cacciata in questa crisi è proprio perché non ha voluto dotarsi degli strumenti necessari per uscirne. Se aspettiamo che i tedeschi si convincano una buona volta a rinunciare alla loro politica mercantilistica e si assumano parte del rischio del debito sovrano dei PIIGS con gli eurobonds, magari dietro la spinta della crisi che potrebbe estendersi anche alla Germania, siamo davvero ingenui. E comunque, nel frattempo che ciò accada, noi saremo ridotti come la Grecia oggi, mentre la Grecia sarà tornata all’epoca preindustriale.

Davvero nessun politico prende in considerazione lo scenario peggiore, tutti evocano ripresa e crescita come un salmo propiziatorio. Ma che succederà se la situazione continuerà a peggiorare? Se il settore immobiliare, da sempre pilastro patrimoniale di banche e famiglie, dovesse crollare ulteriormente? Se il reddito si contrarrà ancora? Se sempre più aziende chiuderanno e l’esercito dei disoccupati s’allargherà? Se alla fine di tutta la cassa integrazione non ci sarà il rientro al lavoro? Nessun candidato politico ci dice qual è il suo piano B, forse perché già arrivare in Parlamento per molti di loro rappresenta la realizzazione del proprio piano A.

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore