Bussi sul Tirino è un paese morente. Per quasi un secolo le industrie chimiche che vi si sono avvicendate hanno garantito il lavoro, ma ora che se ne sono andate tutte, lì è rimasto il sito più inquinato d’Europa. Come se non bastasse la disoccupazione, il terremoto ha reso inagibile il borgo antico con il suo castello, unica bellezza locale, ormai buio e disabitato. Come per L’Aquila ed altre decine di paesi, la ricostruzione non è mai iniziata e, con la recessione che morde, chissà se e quando inizierà. Risultato: i giovani emigrano e il paese muore. Destino comune a tanti altri deserti industriali sparsi per l’ex belpaese.
Mirandola invece non muore, ma soffre la rovina del suo prezioso centro storico. Anche lì la ricostruzione dopo il terremoto non è ancora iniziata e, complice la crisi, molte della miriade di imprese del suo distretto, non hanno più riaperto. Chi lo ha fatto, ha dovuto dar fondo ai propri risparmi, perché dallo Stato non è arrivato ancora nulla.
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La strada statale 148 Pontina è sempre stata tra le più pericolose d’Italia per la statistica mortuaria, la sua pavimentazione è disastrata ed andrebbe rifatta completamente, l’ultima volta fu il secolo scorso. L’incessante traffico pesante contribuisce al deterioramento del manto stradale come e più degli agenti atmosferici. Ma di soldi per il suo rifacimento non ve ne sono e si va avanti a tappare buche che continuano a crescere. Risultato: nonostante il limite di velocità sia stato ridotto ad una irrealistica (per la quantità di traffico che la percorre abitualmente) soglia di 70 km orari, la Pontina diventa sempre più pericolosa, e se i morti non aumentano è solo perché la crisi ha ridotto un po’ il traffico.
Il tratto autostradale Roma-Aeroporto di Fiumicino fu inaugurato in occasione del giubileo del 2000, voleva essere la passerella d’ingresso alla città eterna per i viaggiatori in arrivo a Fiumicino, ed in effetti è una bella autostrada a tre corsie per senso di marcia, oltre quelle d’emergenza, buone indicazioni, luci d’illuminazione e addirittura aste portabandiera nel primo tratto. Come sul Grande Raccordo Anulare, da poco allargato a tre corsie per senso di marcia, la crisi economica ha progressivamente fatto spegnere tutte le luci, e quelli che di notte apparivano tra i tratti autostradali più moderni e illuminati d’Italia, sono ora piombati nel buio, rendendone più insicuro il percorso. Ed anche su quell’asfalto recente vanno accumulandosi buche e crepe che costerebbe meno riparare adesso.
Le vie consolari Tiburtina e Laurentina necessitavano da decenni di lavori di allargamento della sede stradale a causa dell’incremento progressivo del traffico su tali strade. Pochi anni fa i lavori sono iniziati e sono proseguiti fino a quando ci sono stati i soldi, poi si sono interrotti e sono rimasti i cantieri abbandonati, come in centinaia di altre strade d’Italia. Lungo quelle opere incompiute ora si va accumulando immondizia che nessuno rimuove, e l’ambiente si degrada sempre più.
Anche a Cerveteri, come a Roma, si nota la carenza di manutenzione stradale. Le buche si approfondiscono, si allargano, si moltiplicano. Le luci dell’illuminazione pubblica si fulminano e non vengono sostituite. Accade anche ai semafori. Per non parlare della cura del verde pubblico, sempre più scarsa, come le risorse dei comuni. Chiudono servizi e sportelli al cittadino, portati avanti da tante piccole associazioni del territorio, che non possono più contare sul pubblico sussidio. Altri resistono ma aumentano il contributo richiesto agli utenti, come ad esempio le mense scolastiche o gli scuolabus.
L’Italia sta andando in rovina e lo Stato non riesce ad aiutare neppure imprese e cittadini messi in ginocchio dalle calamità naturali, come per le alluvioni in Sardegna e Liguria. Non riesce ad avviare la ricostruzione dei luoghi colpiti da disastri, ma neanche a sostituire o mantenere in buono stato il parco mezzi della polizia e della protezione civile. Così come non assicura più la carta nei tribunali o la carta igienica nelle scuole. Queste ultime, come alcune sedi di atenei, versano ormai in condizioni pessime, in taluni casi fatiscenti, ed avrebbero bisogno di interventi urgenti di manutenzione e messa in sicurezza. Tutto ciò mentre per le grandi opere i soldi non sono mai finiti. Tav, Mose ed Expo continuano a bruciare risorse ingenti che avrebbero potuto finanziare migliaia di piccoli interventi in tutta la penisola, dando lavoro a molte più imprese e persone, distribuite lungo lo Stivale, e soprattutto migliorato la vita di tantissimi cittadini comuni.
Noi non ci accorgiamo di questo degrado neppure troppo lento, perché troppo preoccupati del degrado della nostra situazione personale, presi a stringere la cinghia, anno dopo anno, in attesa della sempre annunciata ripresa economica. Atterriti dalla mancanza di lavoro e di prospettive future, il degrado dell’ambiente non fa che rispecchiare il degrado del benessere personale e sociale, e ben s’accorda al nostro stato d’animo, sempre più cupo e sfiduciato.
E’ per questo che occorre ripartire proprio dall’ambiente che ci circonda, dal nostro territorio, per renderlo di nuovo gradevole alla vista e piacevole a viverci. Per tornare a guardare con fiducia al futuro, prendendoci cura del nostro presente. Perché se le calamità sono eventi naturali, la crisi economica (come la guerra) ce la siamo inventata noi uomini.
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