Eterogenesi dei fini

Le teorie complottiste mi hanno sempre lasciato perplesso. Seppure possibile che un gruppo di persone, per quanto potenti ed influenti, riesca ad indirizzare a proprio piacimento le scelte di un paese, in pratica ciò risulta tanto più improbabile quanto più la complessità sociale ed economica del paese non può essere ridotta ad una massa omogenea di menti plasmabili. Ci saranno sempre gruppi indipendenti e liberi pensatori che non potranno essere ridotti al pensiero unico di chi vuole conculcarne le convinzioni e determinarne le scelte. Pensiamo al caso reale della loggia massonica deviata P2, attiva in Italia fino alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, che annoverava tra le sue fila politici, generali, industriali, alti funzionari dello stato e giornalisti. Ebbene, anche se provato che tale loggia abbia complottato contro lo stato e le sue istituzioni democratiche agendo nell’ombra, si può affermare che la maggioranza degli italiani si oppose fermamente alle trame occulte della P2 una volta svelate, interi corpi istituzionali ne hanno avversato fattivamente le finalità eversive e la politica stessa ha saputo espellere questo bubbone dal tessuto sociale. A maggior ragione, complotti planetari sono altamente inverosimili, troppo diversi e contrastanti sono gli interessi di popoli e nazioni da poter essere ricondotti ad un unico pensiero e, a ben ricordare, fu Hitler ad indicare il complotto giudaico quale possibile causa di una nuova guerra mondiale. Tuttavia le teorie complottiste riescono sempre ad affascinare ed avere qualche presa sulle menti semplici a cui sfugge la complessità della realtà. In questo periodo di pandemia le teorie complottiste impazzano, soprattutto in Internet, fornendo una chiave semplicistica per ciò che la gente non riesce a spiegarsi. In antitesi con tale approccio, voglio tentare di fornire una chiave di lettura diversa, basata sull’eterogenesi dei fini, ovvero gli accadimenti causati da azioni di molti soggetti motivati da fini diversi tra loro, il cui risultato diverge da ciò che si erano inizialmente proposti.

 

Un nuovo virus a trasmissione aerea, molto contagioso e più letale di quello influenzale, fa la sua comparsa nell’autunno 2019 nella città cinese di Wuhan. Come per altre epidemie di provenienza orientale apparse nel recente passato, il resto del mondo non si è subito allarmato, sperando che potesse rimanere confinata in estremo oriente. Tuttavia, circa due mesi dopo, la patologia causata dal nuovo virus, denominata Covid-19 (Corona Virus Desease ’19) veniva riscontrata in molti paesi del mondo, con l’Italia tra i primi, e l’Organizzazione Mondiale della Sanità lanciava l’allarme pandemico, mentre la Cina metteva in atto rigide restrizioni ai movimenti delle persone e contemporaneamente avviava la costruzione rapida di nuove strutture ospedaliere in grado di poter accogliere ed assistere migliaia di malati.

Perché è partito tutto da Wuhan? Wuhan è sede di uno dei centri di ricerca microbiologica più avanzati al mondo, inchieste successive hanno svelato che alcune ricerche basate sulla tecnica di gain-of-function sulla famiglia di coronavirus erano finanziati da enti di ricerca statunitensi, dove tale tecnica era stata sospesa perché ritenuta rischiosa. Non è certo una novità il fatto che molte aziende occidentali si rivolgano alla Cina per la produzione dei loro prodotti, approfittando sia della manodopera a buon mercato, che delle leggi meno severe riguardo allo sfruttamento dei lavoratori ed all’inquinamento ambientale. Perché non dovrebbe avvenire lo stesso nel campo delle biotecnologie? E’ abbastanza plausibile che il contagio abbia avuto inizio da un incidente involontario, una fuga non controllata di materiale biologico o una contaminazione non rilevata nel centro di ricerca microbiologica di Wuhan. Con ciò non si vuole affatto dire che la Cina sia responsabile di aver volontariamente diffuso un virus letale nel resto del mondo, tanto più che a farne le spese per prima è stata essa stessa. Semplicemente si vuol far notare che questo sistema basato sul profitto, dove produzione e ricerche rischiose vengono delocalizzate in paesi con minori costi ed anche minori controlli, alla lunga può ritorcercisi contro.

Molto probabilmente le finalità della ricerca erano quelle di trovare in anticipo cure o vaccini per virus il cui potenziale letale veniva artificialmente aumentato (gain-of-function). In ogni caso i beneficiari degli eventuali risultati, in termini di nuovi brevetti, sarebbero stati sempre gli stessi: le industrie farmaceutiche. Oggi non converrebbe a nessuno ammettere l’accaduto, né chi ospita il laboratorio e non ha controllato efficacemente, né chi ha condotto le ricerche e non è riuscito a contenere il rischio, né chi quelle ricerche le ha finanziate, né chi ne avrebbe beneficiato economicamente. Eterogenesi dei fini.

 

Inizialmente i governi sono stati presi alla sprovvista e quello italiano ancor prima degli altri. In Lombardia il contagio è andato presto fuori controllo, gli ospedali si sono rapidamente saturati, divenendo essi stessi focolai d’infezione. Le autorità centrali e locali hanno navigato a vista, con la colpevole responsabilità di non aver aggiornato né tantomeno applicato il piano pandemico nazionale, di cui, secondo le regole dell’OMS, ciascuno stato aderente deve dotarsi. Avendo delocalizzato tutte le produzioni a basso valore aggiunto noi, come gran parte dei paesi occidentali, ci siamo scoperti dipendenti dalle mascherine made in China. Il personale medico, che non disponeva di mezzi di protezione individuale, si contagiava più facilmente degli altri, come conseguenza gli ammalati non venivano più assistiti o ricoverati, così i più fragili hanno cominciato a morire a decine, poi centinaia, poi migliaia. Nella confusione più completa, le autorità hanno disposto l’alleggerimento degli ospedali al collasso, trasferendo i pazienti nelle Residenze Sanitarie Assistenziali, dove il personale infermieristico era ancor meno preparato e gli ospiti erano essenzialmente anziani con qualche patologia. Il classico fiammifero gettato nel pagliaio. Cominciava infine a farsi strada nelle menti dei decisori l’unica contromisura possibile, tra l’altro già attuata in Cina, ovvero il coprifuoco che, per non spaventare ulteriormente la gente è stato rinominato lockdown. Notate bene questa strategia di indorare la pillola agli italiani ricorrendo alla lingua inglese, perché sarà replicata ancora.

Purtroppo la Lombardia è anche il motore produttivo italiano, vi sono concentrate fabbriche ed industrie di ogni settore e la scelta di ricorrere al coprifuoco non è stata condivisa subito da tutti. C’era chi aveva delle commesse in essere che sarebbero saltate, chi avrebbe perso quote di mercato, tutti avrebbero perso tanti soldi. Tuttavia, con qualche giorno e qualche migliaio di morti in più, la decisione ineluttabile è stata presa dal governo centrale, non senza un palleggio di responsabilità con il governo regionale, che pure avrebbe avuto la facoltà di imporre la chiusura totale.

Il virus viaggia con le nostre gambe, si sposta se noi ci spostiamo, contagia altre persone se stiamo in contatto con altra gente, altrimenti se ne sta più o meno buono nell’organismo di chi l’ha contratto fino a quando questi o guarisce o perisce, in entrambe i casi il virus sparisce. E fu così che dopo tre lunghi mesi di confinamento domiciliare per quasi tutta la popolazione, gli ospedali si sono decongestionati, le terapie intensive svuotate sono tornate ad accogliere i pazienti gravi di altre patologie (che non erano certamente sparite) e i decessi per Covid-19 si sono finalmente azzerati nell’estate del 2020. Nel frattempo avevamo fatto scuola per il resto del mondo che, con un ritardo di qualche settimana, si è ritrovato a fronteggiare la medesima situazione.

Il lockdown si è dimostrato essere l’unica misura in grado di contenere la diffusione ad ogni latitudine in attesa di una cura o di un vaccino di là da venire, tanto più in quelle aree ad alta concentrazione industriale e abitativa. Tuttavia questa misura ha un effetto collaterale: soffoca l’economia. Il modello economico dei paesi ricchi è basato sulla produzione e consumo di beni, se non puoi uscire e la maggior parte degli esercizi commerciali sono chiusi, non c’è più consumo. Senza consumo, crolla la produzione e di conseguenza l’occupazione. In pratica ci si è accorti che il lockdown generalizzato stava facendo più danni economici dell’ultima crisi economica, quella scoppiata nel 2007 in America a causa della bolla dei mutui subprime e iniziata con il fallimento della Lemans Brothers a cui l’Europa ha risposto con l’austerità ed i tagli dei bilanci pubblici, di fatto aggravandola – per inciso uno degli attori principali di quelle politiche è stata la BCE guidata da Mario Draghi. Per fortuna a questo giro i decisori europei hanno capito che non si poteva rispondere con le stesse politiche alla crisi economica derivata dalla pandemia, così è stato messo temporaneamente in soffitta il patto di stabilità e la BCE ha cominciato ad immettere miliardi di euro nel sistema, comprando titoli pubblici – si badi bene, non direttamente dagli stati, ma dalle banche che hanno fatto da intermediari, le quali banche hanno anche visto crescere a dismisura i risparmi di quegli italiani garantiti che, non potendo spendere, accumulavano soldi sui conti correnti. Non propriamente una manna per le banche, che guadagnano creando denaro attraverso i prestiti piuttosto che tenendo immobilizzati i risparmi sui conti. Ma se l’economia è ferma nessuno chiede prestiti per acquisti, viaggi o investimenti. Tutto ciò mentre il resto degli italiani non garantiti andava impoverendosi sempre più, nonostante le misure di sostegno messe in campo dal governo. Brutta situazione.

Bisognava uscire fuori dalla logica dei lockdown e far ripartire l’economia, altrimenti l’intero sistema capitalista basato sulla produzione e consumo crescenti di beni rischiava di collassare. Che fare dunque?

La soluzione di tutti i governi è stata quella di puntare sul vaccino, che avrebbe consentito il ritorno alla vita normale, in barba ai tanti bei propositi di cambiamento di rotta che pure sono stati fatti all’inizio della pandemia. A suon di miliardi i governi hanno finanziato l’industria farmaceutica affinché s’affrettasse a mettere a punto un vaccino contro il Covid-19, dando inizio così ad una gara tra i colossi farmaceutici mondiali per arrivare per primi al traguardo, oltretutto esentati dalle procedure standard che avrebbero richiesto anni prima di ottenere l’autorizzazione alla messa in commercio. Per Big Pharma si è trattato di un’occasione irripetibile, finanziamenti pubblici per mettere in piedi il colossale sistema produttivo di miliardi di dosi, esenzione da lunghi e costosi protocolli di sperimentazione, prima animale poi umana, sperimentazione di genere, sperimentazione in fase di gravidanza e allattamento, tutto invece concentrato in pochi mesi per abbreviare i tempi. Dulcis in fundo, scudo protettivo contro eventuali azioni civili di rivalsa per danni derivanti dal vaccino, decesso compreso. Se a tutto ciò aggiungiamo che non c’è stato neppure il tempo per verificare la durata della copertura offerta dal vaccino, aprendo la strada alla necessità di somministrazioni successive, s’intuisce che affare colossale è stato per l’industria farmaceutica. Che si sia trattato di una competizione economica lo si capisce anche dalle barriere protezionistiche innalzate a favore dei produttori del proprio campo, USA e UE a braccetto contro Cina e Russia, ma anche Cuba che ha sviluppato un proprio vaccino, perché sebbene il grosso del business stia nella vendita ai paesi ricchi, anche la fornitura ai paesi poveri può avere delle ricadute geopolitiche.

In un altro mondo e un altro tempo si sarebbero uniti gli sforzi per un vaccino unico, sicuro ed economico, garantito per tutti. Ma questo non è come funziona il mondo oggi.

 

Sul finire del 2020 sono arrivati i primi vaccini, non garantiscono la completa immunità né di conseguenza la non contagiosità, ma indubbiamente mitigano gli effetti più gravi dell’infezione, limitando così il ricorso alle terapie intensive ed anche i decessi. Il vaccino della Pfizer-BioNTech, più caro e più complesso da trattare dal momento che richiedeva -70° di temperatura di conservazione, e quello di AstraZeneca, meno caro e più semplice da conservare a -5°. Va da sé che il vaccino anglo-svedese sia stato quello più ordinato inizialmente, poi però sono cominciate ad uscire fuori le sue magagne e di conseguenza le decisioni ambigue ed altalenanti delle autorità regolatorie, fino a quando alcuni stati ne hanno sospeso la somministrazione. Ora non viene più somministrato e pare che le rimanenti dosi ordinate vadano in regalo al terzo mondo. E’ rimasto il vaccino di Pfizer-BioNTech a fare la parte del leone e nonostante le oltre 562.000 segnalazioni di reazioni avverse riportate dalla EudraVigilance in Europa, continua ad essere somministrato indifferentemente a tutti (donne incinte o in allattamento comprese), inoltre pare che prodigiosamente si conservi anche a temperature più alte che inizialmente, peccato che la copertura duri 6 mesi anziché i 9-12 dichiarati un anno fa. Poco male, c’è sempre la terza dose e, se serve, la quarta, la quinta…

 

Eterogenesi dei fini. Il Recovery Fund fu deciso dalla UE un anno e mezzo fa allorché i paesi forti si resero conto che con l’andamento catastrofico dell’economia causato dalla pandemia i paesi più deboli, tra cui l’Italia, sarebbero andati a fondo, trascinandosi dietro tutta la costruzione europea. Questo rischio ha convinto anche i più rigoristi come la Germania, l’Austria e l’Olanda ad una politica più espansiva. Peccato che non sia tutto oro quello che luccica ed i soldi che ci sono stati concessi comportino delle condizioni.

Secondo l’economista Emiliano Brancaccio: «Esaminando i 209 miliardi che il Recovery Plan stanzierà per l’Italia per i prossimi anni, 127 sono prestiti che prevedono solo un risparmio sullo spread tra tassi di interesse nazionali ed europei: anche con previsioni pessimistiche sui tassi italiani, non più di 4 miliardi all’anno. Per quanto riguarda i restanti 82 miliardi di risorse a fondo perduto, l’importo netto dipenderà dal contributo dell’Italia al bilancio europeo. Considerato che un accordo su rilevanti imposte pan-europee appare improbabile, i paesi membri dovranno contribuire come di consueto in relazione al pil annuale. Il che implica che l’Italia dovrebbe pagare non meno di 40 miliardi. La sovvenzione netta europea è quindi di soli 42 miliardi, ovvero 7 miliardi l’anno. Infine, se si considera che nella prossima sessione l’Italia contribuirà alla parte restante del bilancio Ue per circa 20 miliardi, il trasferimento netto totale scende a meno di 4 miliardi l’anno».

Ma c’è di più, anche la sovvenzione a fondo perduto di 42 miliardi può essere chiesta in restituzione dalla UE qualora l’Italia non attui quelle riforme imposte dall’Europa e che si è impegnata a varare come condizione per ottenere i fondi, tra cui le famose liberalizzazioni dei servizi pubblici locali e le concessioni demaniali con gare europee. Vaglielo a dire ai tassisti, ai gestori di stabilimenti balneari e agli ambulanti…

In prestito o a fondo perduto, si tratta comunque di un bel gruzzolo da spendere a cui i nostri politici non erano più abituati, visti i rigidi vincoli di bilancio imposti dalla UE. E’ così partito l’assalto alla diligenza. Fatto cadere il precedente governo, che pure si era battuto per ottenere quei soldi, sulla diligenza con l’oro ci sono saliti tutti i partiti. Mettendo da parte ogni differenza ideologica, hanno formato una grande ammucchiata al fine di gestire i soldi del PNRR e, con l’opinione pubblica distratta dalla lotta al Covid-19, hanno dato inizio alla grande abbuffata prima delle prossime elezioni politiche.

 

Eterogenesi dei fini. Il Green Pass (notare ancora l’uso della lingua inglese per indorare la pillola, che poi di green non ha proprio nulla) viene introdotto dal governo nella primavera di quest’anno come strumento per certificare l’avvenuta vaccinazione ed agevolare spostamenti e attività ricreative, ma è presto trasformato in strumento di controllo e ricatto, non potendo il governo imporre la vaccinazione obbligatoria per legge. Tra l’altro, rendendola obbligatoria non potrebbe più essere richiesto ai cittadini di sottoscrivere il consenso informato prima della somministrazione ed eventuali reazioni avverse potrebbero essere causa di rivalsa legale sullo Stato che l’ha imposta. Nonostante la campagna vaccinale proceda ad un buon ritmo secondo la propaganda di regime, il governo ricorre al ricatto sul lavoro: se non ti vaccini, non lavori e non guadagni. Sarà mica che il ritorno alla vita normale, nonostante le vaccinazioni, agevola la diffusione del virus? Con milioni di vaccinati, quest’estate ci si sarebbe aspettati di avere una incidenza non superiore a quella dell’estate scorsa. E invece…

Comunque sia il ricatto del governo fa storcere la bocca a molti, scatenando nel paese un’opposizione tenace ed ostinata che porta ogni sabato in piazza migliaia di persone in molte città. Anziché fare opera di pacificazione, il governo esaspera volutamente gli animi e crea surrettiziamente un nemico interno da odiare e discriminare. Forte di tutta la stampa mainstream e dei grandi network televisivi, il capo del governo lancia il messaggio che “chi non si vaccina muore e fa morire anche gli altri”. Del resto, cos’altro attendersi da chi aveva affamato la Grecia da capo della BCE e che appena insediato a palazzo Chigi ha nominato un generale in perenne divisa a capo della campagna vaccinale? La divisione nel paese raggiunge presto livelli impensabili, tra lavoratori, tra amici e persino nelle famiglie. Ottimo lavoro di distrazione di massa mentre vengono destinati/spartiti i soldi del PNRR e lasciate al libero mercato le sorti di migliaia di lavoratori di Alitalia, di Whirlpool, di GKN ed altre decine di aziende: è il liberismo richiesto dalla UE, bellezza!

Peccato che quell’opposizione tenace e ostinata non demorda e, nonostante il tentativo di criminalizzazione con l’infiltrazione pilotata di frange neofasciste in alcune manifestazioni, la protesta pacifica vada avanti e coinvolga sempre più persone comuni ed anche illustri accademici che subiscono una sorta di linciaggio mediatico per le loro prese di posizione non allineate ai desiderata del potere e del governo al suo servizio. Dopo la discriminazione, occorre pure dissuadere i cittadini dal manifestare, seppur pacificamente, nelle pubbliche piazze, affinché non diventi troppo arduo per la stampa di regime manipolare la realtà. Ecco allora che con una semplice circolare ministeriale vengono vietati i cortei nei centri cittadini, cancellando con un tratto di penna un diritto sancito dalla Costituzione e mai negato nella storia repubblicana, neppure negli anni di piombo. Mentre già si parla di prorogare oltre i due anni previsti dalla legge lo stato d’emergenza.

La fase è delicata, devono essere incassati i soldi provenienti dalla UE e al contempo varare quelle riforme, non beneaccette da tutti, a cui l’erogazione è condizionata. Deve essere eletto il nuovo capo dello Stato che sia garante della grande ammucchiata/abbuffata dei partiti mentre decidono dove vanno a finire quei soldi, eterodiretti dal potere economico che li sostiene e gli garantisce visibilità sui media in vista delle prossime elezioni che si terranno, auspicabilmente per i parlamentari, nel 2023 dopo aver maturato la pensione. Si deve altresì garantire ai padroni che l’economia non si fermi ancora a causa della pandemia, anche a costo di somministrare dieci richiami di vaccino, anche a costo di creare un clima da guerra civile nel paese e poi magari imporre la legge marziale. Eterogenesi dei fini.

 

 

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Pubblicato da Rosso Malpelo

Libero pensatore